MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera A

Alcioneo, Alcippe, Alcitoe, Alcmena o Alcmene.

Alcioneo: capo dei Giganti che mossero guerra a Zeus. Egli sostenne la parte principale nella lotta fra i Giganti e gli dei, che si svolse nei Campi Flegrei. Alcioneo non poteva essere ucciso finché avesse combattuto sulla terra dove era nato. Infatti, colpito da una freccia scagliata da Eracle, cadde al suolo e subito si rialzò, redivivo, poiché quella era la sua terra natale di Flegra in Tracia. "Presto, nobile Eracle!" gridò Atena, "portalo in un'altra regione!" Eracle si caricò Alcioneo sulle spalle e lo portò oltre il confine della Tracia. Alcioneo che si era impossessato dell'istmo di Corinto, fece rotolare un pezzo di roccia sull'esercito di nuovo riunitosi al seguito di Eracle, sfasciando dodici cocchi e uccidendo un numero doppio di uomini. Scagliata la prima roccia ne afferrò un'altra e la scagliò contro Eracle che la rimandò indietro con un colpo della sua clava e uccise il Gigante; quella roccia ancora si vede sull'istmo. Le figlie di Alcioneo, le Alcionidi, addolorate per la morte del loro padre, si gettarono in mare e furono mutate in uccelli (gli alcioni).

Alcippe: figlia di Ares e di Aglauro (una mortale, figlia di Cecrope). Sull'Acropoli di Atene Alirrozio, figlio di Poseidone, tentò di violentare Alcippe, e Ares lo uccise sul posto. Secondo il racconto di Pausania, Alirrozio prima di venire ucciso era già riuscito a violentare Alcippe. Poseidone si lagnò di lui davanti al consiglio degli dei così che venne giudicato sul luogo stesso dell'uccisione, donde il nome di Areopago (collina di Ares). Poiché non vi erano testimoni dell'incidente, salvo Ares stesso e Alcippe, che naturalmente confermò la versione di suo padre, la corte assolse il dio.
"Areopago" significa probabilmente "la collina della dea propizia", poiché areia era un appellativo di Atena, e non "la collina di Ares".

Alcitoe: figlia di Minia (o Minio), re di Orcomeno in Beozia, essendosi beffata delle feste in onore di Dioniso, ed avendo fatto lavorare le sue sorelle, Leucippe ed Arsippe, durante la celebrazione dei misteri, fu dal dio trasformata in pipistrello, e le tele, che le sorelle avevano tessute, divennero foglie di vite e d'edera.
Accanto alla leggenda di Ovidio, un'altra versione narrava che le figlie di Minia furono esortate a celebrare le feste da Dioniso stesso presentatosi sotto l'aspetto di giovinetta. Non ascoltato si mutò in varie forme belluine, in leone, in toro, in pantera, terrorizzando le tre sorelle che impazzite offrirono un sacrificio umano in espiazione. Leucippe offrì il proprio figlio Ippaso (egli era stato scelto mediante estrazione a sorte) e le tre sorelle, dopo averlo smembrato e divorato, vagarono per le montagne finché Ermete non le trasformò in un pipistrello, un gufo, un barbagianni. Taluni dicono invece che Dioniso stesso le trasformò in pipistrelli. La morte di Ippaso viene commemorata ogni anno a Orcomeno, con una festa detta Agrionie ("provocazione alla furia"): le donne fingono di cercare Dioniso e, dopo avere stabilito che egli si trova in compagnia delle Muse, siedono in cerchio e si pongono indovinelli, finché il sacerdote di Dioniso esce dal tempio con la spada in pugno e uccide la prima che gli capita sottomano.

Alcmena o Alcmene: figlia di Elettrione e di Anasso, sposò suo cugino Anfitrione, re di Tirinto. I fratelli di Alcmena erano stati uccisi dagli abitanti dell'isola di Tafi, mentre razziavano il bestiame. Quando Anfitrione volle unirsi a lei, gli comandò di compiere prima la sua vendetta. Anfitrione recuperò le mandrie, ma, mentre le rendeva a Elettrione, accidentalmente lo uccise. A motivo di ciò fu esiliato da Stenelo, il fratello di Elettrione. Alcmena l'accompagnò a Tebe, ma, di nuoovo gli si rifiutò, poiché non si era vendicato dei Tafi. Allora Anfitrione reclutò un esercito e partì per la guerra.
Tutte queste difficoltà le aveva provocate Zeus, che voleva generare un mortale valoroso che avrebbe salvato gli dei nella grande battaglia contro i Giganti. Aveva scelto Alcmena, la più bella e più onesta tra le donne, per portare in grembo l'eroe; doveva essere la sua ultima conquista mortale. La notte in cui Anfitrione ritornò dalla guerra, Zeus ne assunse l'aspetto e si recò da Alcmena e giacque con lei. Un po' più tardi, quando anche Anfitrione arrivò, si rese conto che era successo un fenomeno inesplicabile, poiché Alcmena sosteneva d'essersi già unita a lui. Il veggente Tiresia rivelò loro la verità e Anfitrione consumò il matrimonio.
Alcmena fu incinta dei gemelli Eracle e Ificle; ma solo il secondo era figlio di Anfitrione. Quando giunse il momento del parto, Zeus si vantò con gli altri dei che un sovrano mortale, nato a lui, stava per nascere. Sua moglie Era, si rese conto di quello che succedeva e di cosa la volontà di Zeus voleva fare del figlio di Alcmena: il re della sua terra natale. Così inviò Ilizia, la dea della nascita, a sedere sulla soglia della camera di Alcmena, per ostacolare il travaglio: Ilizia fece il suo dovere incrociando le dita, le braccia, le gambe, impedendo con questo incantesimo il parto. Alcmena stava per spirare quando una delle sue ancelle, la bionda Galantide, o Galena, lasciò la camera del parto per annunciare, mentendo, che la sua padrona aveva partorito. Ilizia fu talmente stupita da accorrere, slegando le sue membra e sciogliendo così l'incantesimo, il che permise ai gemelli di nascere.
Dopo la morte di Anfitrione, che aveva tentato un giorno di far perire tra le fiamme la moglie perché voleva punirla per la sua infedeltà (era stato fermato da Zeus che aveva mandato un acquazzone), Alcmena sposò il cretese Radamanto e visse in Beozia. Altri dicono che Alcmena sposò Radamonto nei Campi Elisi, dopo la sua morte. Zeus infatti aveva nominato Radamanto giudice dei morti, e suoi colleghi erano Minosse ed Eaco.