MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera G
Glaucia, Glauco.
GLAUCIA: figlia del fiume Scamandro. Dopo aver distrutto Troia con un incendio, Eracle salpò dalla Troade portando con sé Glaucia. Durante l'assedio della città essa era stata l'amante di Dimaco, figlio d'Eleone, e quando Dimaco cadde in battaglia, si rivolse a Eracle per avere protezione. L'eroe la prese a bordo della sua nave, lieto che la progenie di un così valoroso amico gli sopravvivesse; perché Glaucia era incinta, e in seguito diede alla luce un figlio che sua madre chiamò Scamandro, in ricordo del nonno. Eracle raccolse Glaucia e suo figlio e li riportò in Grecia e li affidò a Eleone.
Eracle, guidato da Atena a Flegra, dove aiutò gli dèi a vincere la battaglia contro i Giganti, passò in Beozia dove, dietro sua insistenza, Scamandro fu eletto re. Scamandro diede il proprio nome al fiume Inaco, il nome di sua madre Glaucia a un vicino corso d'acqua e il nome di Acidusa, sua moglie, a una sorgente. Da Acidusa egli ebbe tre figlie che ancora si onorano in quella località col nome di "Vergini".
GLAUCO: 1. Giovane e bel pescatore di Antedone, in Beozia, figlio dell'eroe eponimo della città e di Alcione (o di Polibo ed Eubea, o di Poseidone e di una Naiade), vide un giorno che i pesci presi nella sua rete e gettati morenti sull'erba si rianimavano come se fossero nell'acqua: senza esitare mangiò di quell'erba miracolosa e si sentì spinto a precipitarsi in mare. Quì fu accolto da Oceano e da Teti, reso immortale e trasformato in un dio marino, che a poco a poco divenne noto come protettore dei pescatori, dei naufraghi, dei marinai in tutti i paesi del Mediterraneo. Un'altra tradizione narra come Glauco prendesse parte alla spedizione degli Argonauti, costruendo la nave Argo, di cui fu timoniere. Essendo rimasto egli solo illeso in una battaglia navale contro i Tirreni, fu mutato da Zeus in dio marino, e da allora avrebbe seguito, profetando, la spedizione. Ebbe a Delo la sua sede, dove avrebbe vaticinato con le Nereidi e istruito Apollo nella divinazione. Ebbe amori infelici: amò Arianna, che Dioniso gli rapì, dopo averlo legato con inestricabili tralci di vite; poi Scilla, che Anfritrite, o, secondo altri, Circe, tramutarono per gelosia in orrendo mostro. Lo si raffigurava come un vecchio col corpo terminante in coda di pesce, con barba e capelli lunghi e ispidi.
GLAUCO: 2. Figlio di Minosse e di Pasifae, da bambino cadde in una giara di miele e morì soffocato, ma fu poi resuscitato da Asclepio.
Un'altra versione del mito narra che Glauco, ancora fanciullo, dando la caccia a un topo, sparì improvvisamente. Minosse e Pasifae lo cercarono ovunque e
non riuscendo a trovarlo ricorsero all'oracolo di Delfi. L'oracolo rispose che chiunque fosse riuscito a stabilire la migliore similitudine con una nascita portentosa avvenuta recentemente in Creta avrebbe trovato ciò che era stato perduto. Minosse fece delle indagini e venne a sapere che in una delle sue mandrie era nata una vitella la quale cambiava colore tre volte al giorno, passando dal bianco al rosso e dal rosso al nero. Egli convocò allora i veggenti a palazzo, ma nessuno riuscì a trovare una buona similitudine finché Poliido l'Argivo, un discendente di Melampo, disse che quella vitella assomigliava assai a una mora di rovo (o di gelso). Questo frutto, infatti, comincia con l'essere bianco, poi rosso e, giunto alla maturazione, diventa nero. Minosse subito gli ordinò di andare in cerca di Glauco.
Poliido vagò nel labirintico palazzo finché trovò nella cantina Glauco affogato in una grande giara dove si conservava il miele. Minosse, appena avuta la notizia di tale ritrovamento, si consultò con i Cureti e seguendo il loro consiglio ordinò a Poliido di restituire la vita a Glauco, e lo imprigionò con il cadavere e una spada. L'indovino era assai perplesso e, quando vide un serpente che si avvicinava al cadavere del fanciullo, temendo per la sua vita afferrò la spada e lo uccise. Ma subito arrivò un secondo serpente che vedendo l'altro morto se ne andò via; ritornò poco dopo con un'erba in bocca, che appoggiò sul corpo del compagno morto. Non appena quell'erba lo toccò, il serpente riprese a vivere. Poliido, stupefatto di quanto aveva visto, immediatamente prese quell'erba, la pose sul corpo di Glauco e il bambino tornò in vita.
Minosse fu felicissimo e colmò Poliido di doni, ma non volle permettergli di ritornare ad Argo se non avesse insegnato la sua arte a Glauco. Poliido obbedì contro voglia, ma quando fu sul punto di salpare disse a Glauco di sputare nella sua bocca aperta. Il fanciullo obbedì e subito si scordò di quello che aveva imparato.
GLAUCO: 3. Figlio di Sisifo e di Merope, padre di Bellerofonte; abitava a Potnia, fra Tebe e Platea.
Sprezzante del potere di Afrodite, rifiutò di lasciar accoppiare le sue cavalle; sperava con questo espediente di renderle più vivaci delle rivali nelle corse dei cocchi che erano la sua passione. Afrodite ne fu irritata e riferì a Zeus che Glauco era giunto al punto di nutrire le cavalle con carne umana. Quando Zeus le permise di prendere nei confronti di Glauco il provvedimento che giudicasse più opportuno, la dea guidò nottetempo le cavalle ad abbeverarsi a un pozzo a lei sacro e a pascolare nell'erba chiamata ippomane e che cresceva nei pressi.
Ai giochi funebri in onore di Pelia sulla spiaggia di Iolco, durante la corsa delle quadrighe, vinta dall'auriga di Eracle Iolao, Glauco non appena aggiogò le cavalle al cocchio, queste fatte imbizzarrire da Afrodite con l'ippomane, lo rovesciarono a terra, lo trascinarono per tutto lo stadio impigliato nelle redini e infine lo divorarono vivo. Ma altri dicono che questo episodio si verificò a Potnia, non a Iolco.
Secondo un'altra versione del mito, Glauco sarebbe stato divorato dalle sue cavalle un giorno che era mancato loro il cibo consueto.
GLAUCO: 4. Eroe licio, figlio di Ippoloco, giunse col cugino Sarpedone alla testa dei Lici a combattere in difesa di Troia. Davanti alla città, incontrandosi con Diomede sul campo di battaglia, i due eroi si riconobbero legati da antichi vincoli di ospitalità, e si scambiarono vicendevolmente le armi in segno di amicizia, sebbene il valore delle armi di Glauco fosse infinitamente maggiore di quello delle armi di Diomede. Glauco combattè poi valorosamente nell'assalto alla Torre di Menesteo; ferito, venne guarito miracolosamente da Apollo e potè sottrarre ai Greci il cadavere di Sarpedone e impedire che il corpo fosse spogliato. Melle Postomeriche di Quinto Smirneo viene narrata la morte di Glauco per opera di Aiace Telamonio durante la battaglia intorno al cadavere di Achille. Sottratto da Apollo, il cadavere di Glauco venne trasportato dai venti in Licia, dove gli si tributò culto eroico.