MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera N

Nestore, Nettuno, Nicea.

NESTORE: personaggio mitologico, figlio di Neleo re di Pilo, e di Cloride. Fu l'unico dei fratelli ad evitare la morte per mano di Eracle perché, quando l'eroe mise a sacco e a fuoco la città di Pilo, si trovava a Gerenia, una città sulla costa della Laconia. Divenne quindi l'erede al trono di Pilo. Ai tempi di Neleo vi furono molti furti di mandrie tra Elide e Pilo e Nestore, durante un'incursione a Elide, uccise Itimoneo e gli rubò le mandrie tra cui vi erano cinquanta buoi e centocinquanta cavalle baie, molte di esse con puledri. Quest'incursione era una vendetta contro Augia, re di Elide, colpevole di essersi appropriato di un carro con quattro splendidi cavalli mandato a prendere parte ai Giochi Olimpici. Gli Elei avanzarono su Pilo in pieno assetto di guerra e attraversarono la pianura a Triessa. Ma Atena scese dall'Olimpo e mise in allarme la gente di Pilo; quando i due eserciti vennero a battaglia, Nestore che era appiedato, abbattè con un colpo di lancia Amarinceo, il generale degli Elei; poi, impadronitosi del suo cocchio piombò sulle schiere dei nemici, conquistando cinquanta altri cocchi e uccidendo cento uomini. Anche i Molionidi sarebbero caduti sotto i colpi della sua lancia, se Poseidone non li avesse avvolti in una nebbia impenetrabile per salvarli. Gli Elei, incalzati dall'esercito di Nestore, fuggirono sino alla rocca Olenia, dove Atena impose loro di fermarsi.
Nestore, Come amico dei Lapiti, prese parte alla lotta contro i Centauri, alla caccia del cinghiale calidonio dal quale si salvò a stento rifugiandosi su un albero, alla spedizione degli Argonauti. Ma, soprattutto, la sua straordinaria longevità gli permise di avere una parte importante nella guerra di Troia. Insieme a Menelao viaggiò per la Grecia, convocando i capi della spedizione. Egli stesso fornì un contingente di novanta navi e partì accompagnato dai figli Antiloco e Trasimede. con Odisseo e Aiace ebbe l'incarico di ricercare Achille a Sciro, perché correva voce che egli fosse nascosto laggiù. Tra tutti i suoi consiglieri, Agamennone riponeva la maggiore fiducia in Nestore, la cui saggezza era proverbiale e la sua eloquenza era più dolce del miele. Egli aveva governato su tre generazioni di uomini pur rimanendo, nonostante l'età, valente guerriero, ed era l'unico tra i capi greci che superasse il re di Atene Menesteo nell'arte di manovrare la cavalleria e la fanteria. Sappiamo che partecipò alla conquista dell'isola di Tonedo da parte di Achille, ed ebbe come parte di bottino una giovane chiamata Ecamede, figlia di Arsinoo. Durante la disputa fra Achille e Agamennone, s'interpose e fino all'ultimo si sforzò di riportare la concordia nel campo greco. Quando l'etiope Memnone attaccò l'esercito greco, a Nestore fu salvata la vita dal figlio Antiloco che era accorso in aiuto del padre. Nestore era stato avvertito da un oracolo che bisognava proteggere Antiloco dagli Etiopi e incaricò Calione di stargli sempre accanto; ma invano.
Dopo la distruzione di Troia soltanto Nestore, che si era sempre dimostrato giusto, prudente, generoso, cortese e rispettoso degli dèi, ritornò felicemente a Pilo, dove l'attese l'anziana moglie Anassibia (o Euridice). Visse sino a tarda età, in pace serena, circondato dai suoi robusti e intelligenti figlioli. Così lo vide Telemaco quando andò da lui per avere notizie del padre Odisseo. Non si hanno notizie della sua morte. Ebbe sette figli: Perseo, Stratico, Areto, Echefrone, Antiloco (ucciso da Memnone), Trasimede e Pisistrato che accompagnò Telemanco a Sparta da Menelao, e due figlie: Pisidice e Policasta.

NETTUNO: antichissima divinità romana identificata piuttosto tardi col greco Poseidone, figlio di Saturno e di Rea.
Il nome di Nettuno è di assai incerta etimologia. L'antichità del culto di Nettuno è documentata dalla festa dei Neptunalia che ricorre nell'antichissimo feriale di Numa Pompilio il 23 luglio; inoltre è provata dalla sua associazione nel culto con Salacia, divinità femminile secondaria romana, che doveva avere lo stesso significato originario di patrona delle fonti vive, e della quale poi si perdette il ricordo.
In origine Nettuno non fu un dio del mare come Poseidone, né figura fino all'ultimo secolo a. C. tra le divinità maggiori di Roma. Nettuno ci appare a Roma come un dio delle acque piovane originate da Giove, cioè le sorgenti, concezione corrispondente alla mentalità di una popolazione rurale che per lungo tempo, nei periodi più antichi della sua storia, non aveva avuto rapporto col mare. A questo carattere di Nettuno corrispondevano le Neptunalie anche col loro carattere agreste, celebrate come erano all'aperto con allegri banchetti o in capanne improvvisate con rami e frasche dopo la raccolta del grano. Il culto di Nettuno in Roma aveva proporzioni modeste. Sono ricordati due lettisterni in suo onore, uno del 395 a. C. in cui Nettuno venne onorato per la prima volta e l'altro del 217, i quali poco influirono sulla coscienza popolare e sul culto del dio. L'istituzione invece a Delo da parte degli Italici del collegio dei Neptunales o Posidoniasti è prova dello sviluppo del suo culto dalla metà del II secolo avanti Cristo. Nell'età repubblicana romana un solo tempio era stato eretto a Nettuno presso il Circo Flaminio, di cui ignoriamo l'anno di fondazione, mentre è ricordato nei Fasti al 1° dicembre il dies natalis.

NICEA: ninfa, figlia del fiume Sangario e della dea Cibele. La giovane, compagna di Artemide, si compiaceva soltanto della caccia e le sue prede preferite erano i leoni e gli orsi di montagna. Di lei s'innamorò, non corrisposto, il bovaro Imno. Nonno di Panopoli, poeta greco vissuto tra la fine del IV e il principio del V secolo d. C., nelle Dionisiache racconta la triste ed avvincente storia di come Imno, pastore frigio, s'innamorò di lei e come Nicea rifiutandolo lo uccise con una freccia. L'intera natura pianse Imno, e anche Artemide, la quale, tuttavia, ignorava tutto dell'amore. Eros, indignato per questo atto violento, ispirò a Dioniso una passione per Nicea. Il dio la vide tutta nuda mentre faceva il bagno e tentò di farla sua, ma Nicea non cedette al dio e lo minacciò della stessa sorte d'Imno se non l'avesse lasciata in pace. Dioniso pensò allora di mutare in vino l'acqua della sorgente a cui lei beveva e, quando fu ubriaca, non faticò a possederla. Dalla loro unione nacque una figlia, Telete. Nicea volle dapprima uccidersi, ma poi finì col riappacificarsi con Dioniso ed avere altri figli. Quando ritornò dall'India, Dioniso costruì in suo onore la città di Nicea.