MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera S
Sileno, Silvano, Silvio.
SILENO: figlio di Ermete (o Pan) e di una ninfa, educatore di Dioniso e suo compagno inseparabile. Pingue, calvo, con il naso camuso e grosse labbra, sempre ebbro, seguìva il tiaso bacchico a cavallo di un asino o sostenuto dai Satiri; si dilettava del vino, della musica e del canto. Si vantava di aver preso parte alla lotta contro i Giganti a fianco del suo pupillo Dioniso, uccidendo Encelado e spargendo il panico tra gli avversari col raglio del suo vecchio asino.
Gli Orfici videro in lui un saggio, sprezzatore di beni terreni: fu anche ritenuto un veggente che rivelava il futuro solo se costretto, legato con catene di fiori. Un giorno il vecchio satiro Sileno si allontanò dal disordinato esercito dionisiaco che marciava dalla Tracia verso la Beozia e si addormentò, ubriaco fradicio, nel giardino di rose di re Mida. I giardinieri lo inghirlandarono di fiori e lo condussero dinanzi a Mida, cui egli narrò storie meravigliose e gli insegnò il profondo segreto della vita umana: ovverosia che la cosa migliore per un uomo è di non nascere affatto, e la meno grave è di morire al più presto possibile. Mida, deliziato dalla fantasia e dalla saggezza di Sileno, lo trattenne per cinque giorni e cinque notti e poi ordinò a una guida di scortarlo fino al quartier generale di Dioniso. Virgilio narra di come un giorno due pastori catturassero Sileno e si facessero raccontare storie fantastiche.
Sileno generò molti figli con le ninfe e gli si attribuiva la paternità del centauro Folo, ch'egli avrebbe avuto da una ninfa dei frassini.
Si conobbero anche i Sileni, che pare fossero di origine asiatica, quali geni delle sorgenti, profeti e musici. Perdettero la primitiva natura quando furono aggregati nel corteggio dionisiaco, e furono allora birbaccioni allegri e spensierati come i Satiri; ebbero forma umana e coda di cavallo. Loro padre fu immaginato Papposileno, dalla figura esclusivamente animalesca e spesso con il corpo coperto di peli.
SILVANO: divinità latina, il cui nome fu in origine epiteto di un dio delle selve, il Faunus silvicola citato da Virgilio, poi divenuto protettore delle campagne e delle greggi. Non ebbe mai un culto determinato né ufficiale; era venerato in cappelle e altari eretti da privati. Era la divinità più onorata nelle regioni dalmatiche e illiriche, ove aveva sostituito un nume locale. I poeti lo rappresentarono come un vecchio vigoroso, forte e gaio, innamorato di Pomona: lo si vede spesso raffigurato con l'attributo di un falcetto ricurvo.
SILVIO: fondatore della dinastia dei monarchi di Alba Longa, i Silvi, che regnarono per 300 anni, fino a Numitore e Amulio. Leggende diverse fiorirono sui suoi natali. Livio lo considera figlio di Ascanio e quini nipote di Enea; Virgilio, invece, designa Enea stesso e Lavinia come suoi genitori e spiega il suo nome ricordando che nacque in una selva; secondo Diodoro suo padre fu Enea, ma sua madre fu Silvia, prima moglie di Latino. Successe ad Ascanio nel governo di Alba. Secondo Diodoro i Silvi avevano il potere di provocare il fulmine e la pioggia. La lista dei leggendari Silvi Albani fu escogitata, per collegare la leggenda della venuta di Enea in Italia, al principio del secolo XII a. C. con la più antica tradizione indigena che fissava una serie di sette re di Roma con Romolo fondatore della città, verso la metà del secolo VIII avanti Cristo. La lista dei Silvi fu accresciuta di nomi per ottenere il collegamento cronologico fra Alba e Roma, fra Enea e Romolo, e si inventarono anche per i Silvi notizie leggendarie, come per Tiberinus e Aremulus.