MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera A

Acarnano e Anfotero, Acasto, Acca Larenzia, Acheloo.

Acarnano e Anfotero: fratelli e figli di Alcmeone e di Calliroe, ottennero per intercessione della madre, il prodigio di diventare adulti in un sol giorno, per poter vendicare la morte del loro padre, ucciso dai figli di Tegeo.
..."E allora Callìroe, figlia di Achelòo, pregherà l'eccelso Zeus di concedere ai propri figli ancora imberbi un'età più matura, perché la morte del vendicatore non restasse invendicata. Commosso, Zeus accorderà per primo i doni tuoi, Ebe, figliola e nuora sua, rendendoli adulti nell'età dell'infanzia". (Ovidio, Metamorfosi, IX).
I due fanciulli sbocciarono all'improvviso nella virilità, afferrarono le armi e si recarono a Nemea dove i figli di Tegeo, Pronoo e Agenore, avevano interrotto il loro viaggio di ritorno da Delfi. Li incontrarono presso il re Agapenore e li uccisero. Poi, affrettandosi verso Psofide, uccisero anche Tegeo, il vero responsabile dell'assassinio del loro padre. Gli abitanti della città li inseguirono, ma essi riuscirono a scappare e a rifugiarsi presso Agapenore, a Tagea nell'Arcadia, dove i Tageati, aiutati da alcuni Argivi, li protessero contro gli inseguitori. Per ordine del nonno Acheloo, si recarono in seguito a Delfi per dedicarvi ad Apollo la collana d'Armonia che era all'origine di una lunga serie di delitti, e che aveva causato, in modo indiretto, la morte del loro padre Alcmeone e quella del loro nonno Anfiarao. Ciò fatto, viaggiarono verso occidente fino all'Epiro e colonizzarono l'Acarnania, che fu così chiamata, dal nome del maggiore dei due fratelli, Acarnano.

Acasto: figlio di Pelia, re di Iolco, e di Anassibia. Si imbarcò con gli Argonauti contro la volontà di suo padre. Partecipò anche alla caccia del cinghiale di Calidone. Al ritorno dalla Colchide, Medea assassinò Pelia; Acasto la cacciò insieme a Giasone ed assunse il regno di Iolco. Acasto sposò Astidamia, da cui ebbe tre figlie: Laudamia, Sterope e Stenele, e numerosi figli maschi.
Egli ha una parte indiretta nella leggenda di Peleo, padre di Achille. Infatti, durante la caccia al cinghiale calidonio, Peleo aveva ucciso accidentalmente con la lancia uno dei cacciatori, Eurizione. Per farsi purificare da questo crimine, si recò da Acasto. Qui, mentre viveva alla corte di Iolco, Astidamia, moglie d'Acasto, cercò di sedurre Peleo e, quando vide respinte le sue profferte amorose, disse a Polimela: "Peleo intende abbandonarti per sposare mia figlia Sterope". Polimela credette alla malvagia menzogna e s'impiccò. Non contenta del male già fatto, Astidamia si recò piangendo da Acasto e accusò Peleo di aver attentato alla sua virtù. Acasto le credette e, poiché gli ripugnava di uccidere l'uomo che egli aveva appena purificato da un delitto, sfidò Peleo a una gara di caccia sul monte Pelio e qui lo abbandonò mentre dormiva. E, per essere sicuro che le fiere e gli esseri malvagi della montagna non lo lasciassero in vita, nascose la spada dell'eroe addormentato sotto un mucchio di letame di vacca. Peleo, destatosi, si trovò solo, disarmato e circondato dai Centauri eccitati che erano sul punto di ucciderlo; il loro re Chirone, non solo gli salvò la vita, ma indovinò dove era sepolta la spada e gliela restituì. In seguito Peleo ritornò a Iolco, dove Zeus gli fornì un esercito di formiche trasformate in guerrieri, ed ecco perché l'eroe divenne noto come re dei Mirmidoni. Egli conquistò la città senza aiuto di alcuno, uccise dapprima Acasto a poi Astidamia che cercava invano scampo, e invitò i MIrmidoni a entrare in città tra i resti sanguinanti del suo corpo smembrato.
Altri autori sostengono:
1) che durante la guerra di Troia, Peleo, indifeso, poiché il figlio Achille era in Asia, fu attaccato da Acasto e cacciato dal suo regno;
2) che la tradizione conosce, oltre ad Astidamia, un'altra moglie d'Acasto, Ippolita (soprannominata Creteide), figlia di Creteo.

Acca Larenzia: era una delle primitive figure mitologiche del popolo romano. Si tratta di una antica divinità romana quasi dimenticata, in onore della quale si celebravano il 23 dicembre le feste Larentalie. Intorno a Larenzia fiorirono tradizioni diverse. Licinio Macro faceva di Larenzia la moglie del pastore Faustolo, madre dei dodici fratelli Arvali, che trovò e allevò i gemelli abbandonati Romolo e Remo. Poiché i bambini erano stati allattati da una lupa, Acca Larenzia fu chiamata "lupa", che in latino significa anche "prostituta". Acca è anche chiamata Faula o Fabula, simbolo in latino di "donna di facili costumi". In ricordo dei dodici figli di Acca Larenzia sarebbe stato costituito il collegio dei dodici Fratelli Arvali.
L'altra tradizione, di Valerio Anziate, ne faceva una cortigiana, fortunata ricercatrice di avventure, contemporanea di Romolo o di Anco Marzio. Cattivatosi l'animo di Ercole con la sua bellezza e con i favori a lui concessi, ne ebbe in compenso l'avviso di sposare il primo uomo che avesse incontrato, e fu il ricco etrusco Taruzio. Questi non tardò a morire e Larenzia eredito la sua fortuna, che consisteva in vasti possedimenti nei pressi di Roma. Larenzia lasciò poi per testamento i suoi averi al popolo romano e fu sepolta nel Velabro, la cui vicinanza all'Ara Massima diede occasione che si favoleggiasse di relazioni tra lei ed Ercole.

Acheloo: dio di un fiume del nord-ovest della Grecia. Era figlio di Oceano e di Teti. Leggende diverse lo dicono figlio del Sole (uno dei "Titani") e della Terra, o ancora uno dei figli di Poseidone. Per ottenere la mano di Deianira, figlia di Eneo, re degli Etoli, venne a contesa con Eracle. Si sa che Acheloo aveva il dono della metamorfosi, poteva presentarsi in tre forme: come toro, come serpente dalla pelle macchiata e come uomo dalla testa di toro. Deianira avrebbe preferito morire anziché sposarlo. Quando Eracle si presentò alla corte di Eneo per chiedere in moglie Deianira, Eneo lo invitò a esporre la sua richiesta, e l'eroe si vantò di poter dare a Deianira Zeus come suocero, e di farla risplendere della gloria riflessa delle sue dodici Fatiche. Acheloo sogghignò a quelle parole, obiettando che egli era persona famosa, padre di tutti i fiumi greci, e non uno straniero vagabondo come Eracle. Tra i due pretendenti si accese allora una lotta furiosa. Acheloo fece ricorso ad innumerevoli trasformazioni: in fiume, in serpente, in toro senza riuscire a liberarsi dalla stretta di Eracle, anzi in questa forma Eracle lo schivò abilmente e, stringendolo per le corna, lo scaraventò a terra con tanta forza che il corno destro si staccò netto dalla fronte. Acheloo si ritirò dalla lotta,umiliato e vergognoso, e nascose la sua mutilazione sotto una corona di rami di salice. Alcuni dicono che Eracle restituì il corno ad Acheloo e ne ebbe in cambio un corno della capra Amaltea, la nutrice di Zeus, e altri che il corno di Acheloo fu trasformato dalle Naiadi nel corno di Amaltea e che Eracle lo offrì a Eneo come dono nuziale. Altri ancora, che nel corso della dodicesima Fatica, Eracle portò nel Tartaro quel corno già colmo dei dorati frutti delle Esperidi e chiamato Cornucopia, per donarlo a Pluto, un aiutante di Tiche. Questo mito simboleggia l'opera di Eracle riguardante il prosciugamento del Paracheloitide, un tratto di terra formato dal limo dell'Acheloo e che pian piano aveva unito le isole Echinadi con il continente.
Ad Acheloo si attribuiscono amori diversi, sia con Melpomene, da cui avrebbe avuto come figlie le Sirene, sia con altre Muse. Era anche considerato padre di molte fonti: Pirene, che i mitografi descrivono come figlia di Acheloo, si trasformò in fontana alle porte di Corinto, quando pianse il figlio Cencriade che Artemide aveva involontariamente ucciso; Castalia, una giovane di Delfi che, inseguita da Apollo, si gettò nella fonte che porta il suo nome; la fonte Dirce di Tebe. Calliroe ("la Bella Sorgente"), che sposò Alcmeone, è considerata sua figlia.
All'azione miracolosa del dio si attribuisce anche la formazione delle isole Echinadi, che sono situate alla foce del fiume. Mentre quattro ninfe del paese facevano sacrifici sulle rive dell'Acheloo, esse dimenticarono fra gli dei invocati, quello del fiume. Incollerito, questi gonfiò le sue acque e le trascinò nel mare, dove esse diventarono isole. La quinta isola del gruppo, Perimele, era una ragazza che il dio aveva amato e alla quale aveva rapito la verginità. Il padre di Perimele, Ippodamante, irritato contro la figlia, la gettò nel fiume mentre stava mettendo al mondo un bambino. Ma Acheloo ottenne da Poseidone ch'ella fosse trasformata in isola e diventasse così immortale.
Oggi, il fiume Acheloo porta il nome d'Aspropotamo, nasce dal monte Peristeri e sfocia nel golfo di Patrasso (Mar Jonio).