MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera A
Aracne, Arcade, Ares.
Aracne: figlia di Idmone di Colofone in Lidia, famoso tintore di porpora. Aracne era una comune fanciulla mortale che si era acquistata una grande reputazione nell'arte di tessere e ricamare, un'arte che doveva aver appreso direttamente da Atena. Ma Aracne voleva dovuto il proprio talento solo a se stessa, tant'è che si vantava di essere più brava di Atena, filatrice ufficiale dell'Olimpo, e per questo la sfidò in una gara.
Dapprima, Atena le apparve sotto l'aspetto di una vecchia, e si accontentò di avvertirla e di consigliarle di essere meno presuntuosa, perché altrimenti, le disse, bisognava temere la collera della dea. Aracne non volle tener conto dell'avvertimento e allora Atena, abbandonato il trevestimento, accettò la sfida.
Atene intessè un arazzo dove rappresentò i dodici dei dell'Olimpo, in tutta la loro maestà e, ai quattro angoli, per ammonire la sua rivale, aggiunse la rappresentazione della sorte dei mortali troppo arroganti. Aracne nel suo lavoro rappresentò scene d'amore tra gli olimpi, quelle che non fanno loro onore: Europa ingannata da Zeus in falsa forma di toro, Leda sdraiata sotto le ali del cigno (Zeus), Poseidone che copre la sorella Demetra in sembianza di stallone. Atena, modesta quanto Artemide, in questa occasione diede prova di incontrollata invidia. Quando le mostrarono il lavoro di Aracne, lo scrutò attentamente per scoprirvi degli errori, e non trovandone alcuno lo lacerò furibonda e colpì la rivale con la spola. Aracne, avvilita e atterrita, si impiccò a una trave, e Atena la trasformò in un ragno e tramutò la corda in una ragnatela; Aracne vi si arrampicò salvandosi la vita.
Arcade: figlio di Zeus e della ninfa cacciatrice Callisto. Un'altra versione gli attribuisce come padre il dio Pan. Quando Callisto era incinta, Zeus la trasformò in orsa forse per nasconderla allo sguardo indagatore di Era o forse per evitare la vendetta di Artemide di cui era l'amante. Artemide era anche irritata che Callisto avesse infranto il voto di castità. Suo figlio Arcade fu raccolto da Ermete che lo affidò a sua madre Maia sul monte Cillene. Maia era stranamente immune dalla gelosia di Era e aiutò la meno fortunata Callisto allevandole il figlio. Secondo un'altra versione Arcade sarebbe stato allevato dal padre di Callisto, Licaone, re dell'Arcadia. Questi un giorno ricevette Zeus travestito da contadino, e volendo sapere se il suo ospite fosse realmente un dio, gli servì la carne del piccolo Arcade. Zeus, indignato per tale pasto, rovesciò la tavola per la collera e colpì col fulmine la casa di Licaone. Ricompose poi le membra di Arcade e gli rese la vita. Licaone fu trasformato in lupo.
Arcade divenne re dell'Arcadia e diede il suo nome al paese. Insegnò al suo popolo a seminare i cereali, a filare la lana e a fare il pane, conoscenze che aveva ricevuto da Trittolemo. Un giorno Arcade vide un' orsa che ondeggiando entrava nel tempio di Zeus Licio, e gli lanciò contro una freccia. L'animale era sua madre. Non si sa se l'abbia uccisa, ma Zeus li trasformò in costellazioni: lei in Orsa Maggiore e lui in Orsa Minore.
Arcade aveva sposato Leanira (o Crisopelea) ed aveva avuto da lei due figli, Elato e Afidante. Dalla ninfa Erato, aveva avuto un terzo figlio, Azano. Dopo la sua morte, i figli si divisero il regno.
Ares: figlio di Zeus e di Era, benché alcuni dicono che Ares e la sua gemella Eris furono concepiti da Era quend'essa toccò un certo fiore. Il tracio Ares ama il fragore della battaglia e sua sorella Eris suscita sempre nuove guerre spargendo voci malvagie e alimentando le gelosie. Ares, come pure Eris, non favorisce questa o quella città, ma combatte ora a fianco degli uni ora a fianco degli altri, così come l'umore gli suggerisce, godendo al vedere carneficine di guerrieri e saccheggi di città. Tutti gli altri immortali, da Zeus ed Era in giù, lo odiano, salvo Eris e Afrodite, che nutre per lui una insana passione, e l'avido Ade, sempre pronto ad accogliere le ombre dei validi e valorosi giovani periti in battaglia.
Ares ostenta un grande disprezzo per la legge e non si è mai presentato in tribunale come accusatore; fu costretto tuttavia a presentarsi come accusato, quando gli dèi gli attribuirono l'omicidio volontario di Alirrozio, figlio di Poseidone. Ares sostenne di essere stato costretto a uccidere Alirrozio che voleva violentare sua figlia Alcippe, ch'egli aveva avuto da Aglauro della famiglia di Cecrope. Secondo il racconto di Pausania, Alirrozio prima di venire ucciso era già riuscito a violentare Alcippe. Poiché non vi erano testimoni dell'incidente, salvo Ares stesso e Alcippe, che naturalmente confermò la versione di suo padre, la corte assolse il dio. Quella fu la prima sentenza pronunciata in un processo per omicidio; la collina su cui si svolse il processo fu chiamata Areopago e ancora porta tale nome.
Ares non era sposato ma ebbe numerose avventure amorose. Così ebbe con Pirene tre figli: Cicno, Diomede di Tracia, le cui giumente divoravano carne umana, e Licaone. Gli si attribuisce anche talvolta la paternità di Meleagro e quella di Driante, che parteciparono alla caccia del cinghiale calidonio. Ma l'avventura più famosa fu quella con Afrodite, sposa di Efesto, che gli partorì Armonia e i gemelli Fobo ("la paura") e Deimo ("il terrore"). La relazione tra Ares e Afrodite fu bruscamente interrotta; Omero nell'Odissea fa raccontare a Demodoco come Elio, il sole, spiasse gli amanti e poi avvertisse Efesto di cosa facessero alle sue spalle. Questi allora forgiò una rete di bronzo, sottile come un velo ma solidissima, e la assicurò in gran segreto ai lati del suo letto; poi dichiarò che avrebbe lasciato l'Olimpo per andare a visitare il popolo di Lemno a lui devoto. Appena Efesto fu partito, Afrodite mandò a chiamare Ares, che si precipitò al palazzo. I due si coricarono nel talamo di Efesto, ma all'alba si trovarono prigionieri della rete, completamente nudi e senza possibilità di scampo. Efesto, ritornato dal suo viaggio, li colse sul fatto e invitò tutti gli dèi a far da testimoni al suo disonore. Le dee per un delicato senso di pudore rimasero a casa, mentre gli dèi accorsero sghignazzando. Annunciò poi che non avrebbe liberato la moglie finché non gli fosse stata restituita la preziosa dote che aveva dovuto pagare a Zeus, padre adottivo della sposa. Zeus era così disgustato che rifiutò di restituire la dote. Poseidone propose allora che Ares, per riavere la libertà, pagasse il valore equivalente alla dote, e qualora non dovesse mantenere la promessa, si dichiarava pronto a pagare il debito in vece sua. Inutile dire che Ares non mantenne la promessa, e alla fine Efesto rinunciò al risarcimento, perché era pazzamente innamorato di Afrodite e non aveva intenzione di divorziare da lei. Così Ares fu rimesso in libertà e ritornò in Tracia, mentre Afrodite andò a Pafo, dove recuperò la propria verginità bagnandosi nel mare.
Soltanto le battaglie e le carneficine rendevano Ares felice: si aggirava per il campo di battaglia accompagnato dai suoi figli gemelli, Fobo e Deimo, e da Enio, la dea della guerra, per stimolare lo spirito guerriero dei combattenti. Ares tuttavia non è sempre stato vittorioso. Atena, assai più abile di lui, l'ha due volte sconfitto in battaglia; e un giorno i giganteschi figli di Aloeo, Oto ed Efialte, lo sopraffecero e lo rinchiusero per tredici mesi in una giara di bronzo che nascosero nella casa della loro matrigna Eribea. Ares sarebbe morto se Ermete non fosse stato informato della vicenda da Eribea, e se non l'avesse costretta a farlo uscire dalla giara. In un'altra occasione Eracle lo costrinse a rifugiarsi impaurito sull'Olimpo.
Durante la guerra di Troia, Ares combattè al fianco dei Troiani, ma ebbe una parte ignominiosa. Aiutato da Atena, Diomede lo ferì gravemente. Ares andò a lamentarsi da Zeus. Più tardi tentò di partecipare ancora alla battaglia nonostante Zeus gliel'avesse proibito; ma Atena insultandolo glielo impedì. Durante la discussione, Ares aggredì la dea lanciandole contro il suo magico scudo (l'egida) il suo giavellotto: Atena non fu ferita, anzi stordì Ares colpendolo con una pietra. Tramortì anche con un pugno Afrodite che tentava di metterlo in sdalvo.
Quando Eracle sulla via per Delfi fu sfidato da Cicno, il figlio di Ares e di Pelopia (da non confondere con l'altro Cicno, avuto con Pirene), il dio stesso prese parte al combattimento. Ma l'eroe, con l'appoggio di Atena, uccise il brigante Cicno e ferì Ares alla coscia e gli avrebbe inferto un altro colpo se Zeus non avesse separato i due contendenti con una folgore. Allorché Eracle mise a sacco e a fuoco la città di Pilo, corse in aiuto di Atena che era impegnata contro Ares, e con la lancia in pugno, al terzo assalto trapassò lo scudo di Ares, stendendo il dio al suolo; infine, con un colpo potente vibrato alla coscia, affondò il ferro nella carne di Ares. Ares dolorante si rifugiò sull'Olimpo dove Apollo versò unguenti sulla ferita che si rimarginò in un'ora; tosto Ares si gettò di nuovo nella mischia, finché una freccia di Eracle non lo colpì alla spalla.
Il culto di Ares era originario della Tracia; si diffuse pure in Grecia, con centro principale a Tebe, dove Ares passava per essere l'antenato dei discendenti di Cadmo. Qui, infatti, possedeva una fonte, chiamata "la sorgente d'Ares" (ora detta fonte Castalia), custodita da un serpente di cui era considerato il padre. Cadmo, quando giunse nel punto dove ora sorge la città di Tebe, avvertì i compagni che bisognava sacrificare ad Atena, e li incaricò di attingere acqua lustrale proprio alla fonte di Ares; ma non sapeva che la sorgente era custodita da un serpente. Il rettile uccise quasi tutti gli uomini di Cadmo, che accorse e gli schiacciò il capo con una pietra. Ares chiese vendetta per l'uccisione del serpente e Cadmo per sentenza divina dovette divenire suo schiavo per otto anni. A espiazione avvenuta, Cadmo sposò Armonia, figlia di Ares e di Afrodite.
Ares ad Atene aveva consacrato soltanto l'Areopago che era il tribunale supremo. Gli animali a lui sacri erano il cane e l'avvoltoio e i suoi attributi la fiaccola e la lancia.