Mitologia Greca e Romana

Mitologia, lettera A

Arianna, Arione, Aristeo.

Arianna: figlia di Minosse e di Pasifae, e sorella del Minotauro e di Fedra. Quando Teseo si recò a Creta per liberare la sua città dal mostruoso tributo imposto da Minosse (dovevano ogni anno dare sette fanciulli e sette fanciulle come pasto per il Minotauro), Arianna si innamorò di lui a prima vista. "Ti aiuterò a uccidere il mio fratellastro, il Minotauro", essa gli promise in segreto, "purché io possa ritornare con te ad Atene, come tua moglie". Teseo accettò con piacere questa proposta e giurò di sposare Arianna. Questa allora gli diede una spada e, per non perdersi nel labirinto, il gomitolo di filo che Dedalo le aveva donato. Gli raccomandò di seguire il filo finché avesse sorpreso il Minotauro addormentato; avrebbe potuto così afferrare il mostro per i capelli e sacrificarlo a Poseidone. Arrotolando poi il filo in gomitolo, sarebbe giunto di nuovo alla porta d'ingresso.
Quella notte stessa Teseo fece quanto gli era stato detto, ma non si sa con certezza se egli uccise il Minotauro con la spada donatagli da Arianna o con le nude mani o con la sua famosa clava. Quando Teseo, con le vesti macchiate di sangue, emerse dal labirinto, Arianna lo abbracciò appassionatamente e guidò il gruppo di tutti gli Ateniesi al porto. Salirono in fretta sulla nave e si allontanarono rapidamente a forza di remi.
Alcuni giorni dopo, sbarcato nell'isola allora chiamata Dia e ora nota col nome di Nasso, Teseo abbandonò Arianna addormentata sulla spiaggia e riprese il largo senza di lei. Perché l'abbia fatto è rimasto un mistero. Quando Arianna si trovò sola sul lido deserto ruppe in disperati lamenti, ma ecco Dioniso con il suo corteo di Satiri e Menadi giungere in aiuto di Arianna. Egli la sposò senza por tempo in mezzo, posandole sul capo la corona di Teti, e Arianna gli generò numerosi figli: Toante, Stafilo, Enopione e Pepareto. Tra costoro, soltanto Toante ed Enopione sono a volte chiamati figli di Teseo.
La corona, che Dioniso più tardi immortalò in cielo nella costellazione della Corona Boreale, era stata fabbricata da Efesto con oro e rubiuni indiani disposti in forma di rose.

Arione: 1. Cavallo dalla nera criniera, nato dall'unione di Poseidone con Demetra. Secondo Apollodoro, il cavallo era nato da Poseidone e Demetra quando la dea si era unita a lui sotto forma di Erinne. Invece, secondo Omero, Demetra, stanca e scoraggiata dopo tanto errare alla ricerca di sua figlia Persefone, rapita dallo zio Ade, non volendo unirsi con un dio o con un titano, si trasformo in giumenta e cominciò a pascolare tra gli armenti del dio Onco, che regnava a Onceo in Arcadia. Essa non riuscì, tuttavia, a trarre in inganno Poseidone, che si trasformò a sua volta in stallone e la violentò. Dalla loro unione nacque una figlia, di cui non era lecito pronunciare il nome, e un cavallo, Arione. Il furore di Demetra fu tale che in Arcadia ancora la si onora come "Demetra la Furia".
Il cavallo Arione appartenne dapprima a Onco, poi passò a Eracle, al quale servì nella spedizione contro la città di Elide e nella lotta contro Cicno. Eracle donò Arione ad Adrasto dicendo che, dopo tutto, preferiva combattere a piedi. Grazie alla velocità di Arione, Adrasto fu l'unico dei sette re che assediarono Tebe a salvarsi con la fuga. Dopo la disfatta dell'esercito argivo, infatti, Arione condusse Adrasto rapidamente lontano dal campo di battaglia e lo depose al sicuro in Attica, vicino a Colono.

Arione: 2. Figlio di Poseidone e della ninfa Onea, era maestro nell'arte di suonare la lira e inventò il ditirambo (genere di poesia lirica corale) in onore di Dioniso. Un giorno il suo protettore Periandro, tiranno di Corinto, gli diede il permesso di recarsi a Tenaro in Sicilia, dove era stato invitato per partecipare a una gara musicale. Arione vinse il primo premio e i suoi ammiratori lo colmarono di doni così ricchi da destare la cupidigia dei marinai che dovevano riportarlo a Corinto. Schiavi e marinai della nave, infatti, ordirono un complotto per ucciderlo e impadronirsi del denaro. Quando Arione fu attaccato dai congiurati, chiese loro di accordargli la grazia di lasciarlo cantare ancora una volta. Ciò gli fu concesso dal capitano della nave. Arione indossò le sue vesti più belle e, ritto sulla prua della nave, invocò gli dèi con accenti appassionati e poi si gettò in mare. La nave si allontanò rapidamente.
Il canto di Arione, tuttavia, aveva attirato un branco di delfini amanti della musica: uno di essi prese Arione in groppa e raggiunse il porto di Corinto alcuni giorni prima che la nave dell'avido capitano vi gettasse l'ancora. Periandro si rallegrò all'udire il racconto del miracoloso salvataggio e il delfino, rifiutandosi di abbandonare Arione, lo seguì a corte, dove morì ben presto. Arione lo onorò con uno splendido funerale.
Quando la nave toccò il porto di Corinto, Periandro mandò a chiamare il capitano e l'equipaggio e, fingendosi in ansia, chiese notizie di Arione. Il capitano rispose che era stato trattenuto a Tenaro dalla sontuosa ospitalità di quella gente. Periandro fece loro giurare sulla tomba del delfino che dicevano il vero e poi, all'improvviso, li portò dinanzi ad Arione. Non potendo più aggrapparsi ad altre scuse, furono tutti giustiziati seduta stante.
Apollo in seguito trasformò in costellazioni la lira di Arione e il delfino pietoso.

Aristeo: figlio di Apollo e della ninfa Cirene. Un giorno Apollo vide Cirene che si batteva sul monte Pelio, in Tessaglia, con un vigoroso leone. Se ne innamorò e la condusse fino in Libia, dove venne accolta con grandi onori. Qui Cirene avrebbe generato ad Apollo un figlio chiamato Aristeo, aiutata nel parto da Ermete. Il bimbo sarebbe poi stato affidato da Apollo (o da Ermete) a Gea (la terra) che lo allevò aiutata dalle Ore. Secondo un'altra tradizione, Aristeo fu allevato dal centauro Chirone. Poi, le Muse gli insegnarono le arti protette da suo padre: la medicina, il tiro con l'arco e la divinazione. Gli insegnarono inoltre i principi dell'apicoltura, della coltivazione degli olivi e a far cagliare il latte per avere formaggi. Aristeo insegnò a sua volta queste utilissime arti ad altri uomini che, grati, gli attribuirono onori divini. Dalla Libia egli salpò per la Beozia e Apollo lo guidò alla grotta di Chirone perché vi fosse istruito in certi misteri.
Quando Aristeo raggiunse la maturità, le Muse gli diedero in sposa la figlia di Cadmo, Autonoe, che gli generò lo sventurato Atteone e Macride, la nutrice di Dioniso. Un giorno Aristeo si recò a consultare l'oracolo delfico che gli consigliò di visitare l'isola di Ceo, dove avrebbe avuto grandi onori. Qui Aristeo scoprì che la costellazione della Canicola aveva fatto scoppiare una pestilenza tra gli isolani per vendicare la morte di Icario, i cui assassini si nascondevano appunto in Ceo. Aristeo convocò il popolo, innalzò un grande altare sulla montagna, offrì sacrifici a Zeus e al tempo stesso mise a morte gli assassini. Zeus, in segno di gratitudine, ordinò ai venti etesi che in futuro diffondessero una piacevole frescura in tutta la Grecia e nelle isole adiacenti per quaranta giorni dopo il sorgere della costellazione del Cane. Cessò così la pestilenza e gli abitanti di Ceo non soltanto onorano Aristeo come loro salvatore, ma ancor oggi si propiziano ogni anno la costellazione prima che sorga.
Aristeo visitò poi l'Arcadia e in seguito si stabilì a Tempe. Un giorno, nei pressi di Tempe, nella vallata del fiume Peneo, vide una bellissima fanciulla, la inseguì e cercò di usarle violenza. Si trattava di Euridice, moglie di Orfeo, che durante la fuga calpestò un serpente velenoso che la morse uccidendola. Per colpa di questa disgrazia, le api di Aristeo si ammalarono e cominciarono a morire. Aristeo, che all'inizio ignorava la causa di quella moria, disperato si recò presso sua madre Cirene che viveva nel palazzo di suo padre sotto le acque del fiume Peneo, implorandola di aiutarlo. Gli fu consigliato di far prigioniero Proteo, il vegliardo del mare, che aveva il dono della divinazione e che gli avrebbe spiegato perché le sue api si erano ammalate e che cosa bisognasse fare. Proteo stava facendo la siesta pomeridiana in una grotta dell'isola di Faro per ripararsi dalla canicola e Aristeo, dopo averlo sopraffatto nonostante le sue continue metamorfosi, seppe che la malattia delle api era una punizione inflittagli perché egli aveva provocato la morte di Euridice. Proteo gli disse di ritornare a Tempe, di sacrificare quattro giovani tori e quattro giovenche, lasciando le carcasse delle vittime al suolo, e di recarsi sul luogo del sacrificio nove giorni dopo, portando un vitello grasso e una agnella nera per propiziarsi l'ombra di Orfeo. Aristeo eseguì quanto gli era stato ordinato e il mattino del nono giorno uno sciame di api volò fuori dalle carcasse in putrefazione e si radunò su un albero vicino, Aristeo catturò lo sciame e lo sistemò in un alveare.
Più tardi, angosciato per la morte del figlio Atteone, Aristeo salpò con i suoi seguaci per la Libia, dove chiese a Cirene una flotta per emigrare. Cirene gliela procurò e Aristeo riprese il mare, questa volta diretto a nordovest. Più tardi viaggiò attraverso la Sicilia, la Sardegna e l'Arcadia, insegnando le tecniche dell'agricoltura e in special modo l'ulivicoltura. Per un certo periodo visse con Dioniso in Tracia, e dopo aver vissuto per qualche tempo nei pressi del monte Emo e aver fondato la città di Aristeo, sparì senza lasciar traccia di sé.