MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera A

Artemide.

Artemide: figlia di Zeus e di Latona (Leto). Zeus generò Apollo e Artemide in Latona, figlia del titano Ceo e di Febe, trasformando in quaglie se stesso e Latona al momento dell'unione. Ma Era, ingelositasi, incaricò il serpente Pitone di inseguire Latona e decretò che essa non avrebbe potuto partorire in alcun luogo dove brillasse il Sole. Sulle ali del Vento del Sud, Latona giunse infine a Ortigia presso Delo, dove mise alla luce Artemide, che appena nata aiutò sua madre ad attraversare lo stretto e a Delo, tra un olivo e una palma da datteri che crescevano sulle pendici settentrionali del monte Cinto, Latona partorì Apollo dopo nove giorni di travaglio.
Artemide è una delle dodici grandi divinità dell'Olimpo: è la dea dei cacciatori, degli arcieri, e paradossalmente protettrice degli animali selvatici, dei bambini e degli esseri indifesi. Un giorno, mentre era ancora una bambina di tre anni, suo padre Zeus la prese sulle ginocchia e le chiese quali doni avrebbe gradito. E subito Artemide rispose. "Concedimi, ti prego, l'eterna verginità, un arco e delle frecce". Zeus sorrise con orgoglio e disse: "Avrai tutto questo e altro ancora". Artemide lo ringraziò e si recò subito sul Monte Leuco in Creta, e poi nel fiume Oceano, dove scelse molte Ninfe di nove anni come sue ancelle. Dietro invito di Efesto, la dea si recò a visitare i Ciclopi nell'isola di Lipari e li trovò intenti a martellare un truogolo per i cavalli di Poseidone. Artemide disse ai Ciclopi di trascurare per qualche tempo il truogolo di Poseidone e di farle un arco d'argento e un bel fascio di frecce; in cambio essa avrebbe loro offerto in pasto la prima preda abbattuta. Con queste armi Artemide si recò in Arcadia, dove Pan le diede tre cani segugi dalle orecchie mozze, due bicolori ed uno macchiettato e sette agili segugi spartani. Avendo catturato vive due coppie di cerve cornute, Artemide le aggiogò a un cocchio d'oro con redini pure d'oro e le guidò a settentrione verso l'Emo, monte della Tracia. Poi ritornò in Grecia dove le Ninfe Amnisie staccarono le cerve dal cocchio, le strigliarono, le nutrirono e le abbeverarono in truogoli d'oro.
Un giorno il dio-fiume Alfeo, figlio di Teti, osò innamorarsi di Artemide e inseguirla attraverso la Grecia; ma essa giunse a Letrini in Elide (o, secondo altri, all'isola di Ortigia presso Siracusa), dove impiastricciò di fango bianco il proprio volto e quello delle Ninfe, tanto che non fosse più possibile distinguere l'una dalle altre. Alfeo fu costretto a ritirarsi, inseguito dall'eco delle risate di scherno.
Artemide vuole che le sue compagne rispettino la castità come essa stessa la rispetta. Quando Zeus sedusse una di loro, Callisto, figlia di Licaone, Artemide notò che era incinta. Trasformatala in orsa, le scatenò contro i cani e l'infelice sarebbe senz'altro perita se Zeus non l'avesse trasportata in cielo, ponendone l'immagine tra le stelle. Il figlio di Callisto, Arcade, fu salvato e divenne l'antenato degli Arcadi. In un'altra occasione, Atteone, figlio di Aristeo, stava appoggiato a una roccia nei pressi di Orcomeno, quando vide per caso Artemide che si bagnava in un fiume poco lontano e rimase a guardare. Poiché in seguito si vantò con gli amici che la dea gli si era mostrata nuda senza alcun pudore, Artemide lo tramutò in cervo e lo fece divorare dalla sua muta di cani.
Artemide è vendicativa, e uno dei suoi primi atti fu quello di mettere a morte i figli di Niobe che s'era vantata della sua progenie, più numerosa di quella di Latona. Mentre il fratello Apollo uccideva i sei ragazzi che erano a caccia sul monte Citerone, Artemide uccideva le sei figlie intente a filare in una sala del palazzo. Ancora, assieme ad Apollo, uccise il gigante Tizio che aveva tentato di violentare la loro madre Latona: lo crivellarono di frecce e lo precipitarono nel Tartaro a patire una punizione eterna. Quando i giganti Oto ed Efialte tentarono di violentare Artemide ed Era, Artemide apparve loro sotto forma di cerbiatta, e ciascuno degli Aloidi, agguantato un giavellotto, si preparò a colpirla per dar prova della propria abilità. Mentre la dea saettava velocissima tra loro, scagliarono l'arma e si ferirono a vicenda mortalmente. Durante la battaglia tra gli dèi e i giganti, Artemide con le sue frecce uccise Grazione. Le si attribuisce anche la morte del mostro Bufago ("il Mangiatore di Buoi"), mentre egli la inseguiva sul monte Foloe, in Arcadia.
Artemide ha una parte anche nella vicenda di Orione, il cacciatore gigante, di cui si hanno numerose versioni. Secondo una di queste, Orione fu ucciso da Artemide perché l'aveva sfidata imprudentemente a una gara col disco. Secondo altri, Artemide lo avrebbe ucciso perché aveva violentato una delle sue ninfe chiamata Opide. Ma secondo la versione più diffusa, Orione avrebbe cercato di violentare la stessa Artemide. La dea gli mandò contro uno scorpione il quale lo punse e lo uccise. Per aver reso questo servizio ad Artemide, lo scorpione fu trasformato in costellazione, e lo stesso Orione subì una sorte analoga. Per questo la costellazione d'Orione fugge eternamente quella dello Scorpione.
Artemide puniva tutti i mortali che la offendevano o che trascuravano il suo culto. Eneo, re di Calidone in Eolia, aveva trascurato di includere Artemide nei suoi sacrifici annuali ai dodici dèi dell'Olimpo. Artemide, informata da Elio, mandò un enorme cinghiale a uccidere il bestiame e i servi di Eneo e a distruggere i campi coltivati. Per lo stesso motivo fu punito Admeto, re di Fere, in Tessaglia, che aveva trascurato di sacrificare ad Artemide durante la celebrazione del matrimonio: il suo talamo (o la camera nuziale) si riempì di serpenti.
Un episodio delle fatiche d'Eracle racconta come l'eroe avesse ricevuto da Euristeo l'ordine di riportargli ls cerva di Cerinea dalle auree corna, sacra ad Artemide. Eracle, che non voleva né uccidere né ferire l'animale, portò a termine questa fatica senza ricorrere alla forza. Instancabile, egli la inseguì per un anno intero e la catturò presso il fiume Ladone, in Arcadia, ferendola leggermente con una freccia. Poi, gettatasi la cerva sulle spalle, si affrettò verso Micene attraversando l'Arcadia. Altri tuttavia dicono che egli si servì di reti; oppure seguì le tracce dell'animale finché lo trovò addormentato sotto un albero. Artemide andò incontro a Eracle e lo rimproverò aspramente perché aveva maltrattato la cerva a lei sacra; ma Eracle si difese dicendo di esservi stato costretto e fece ricadere la colpa su Euriste0. Lo stesso tema appare nella storia di Ifigenia. Quando la flotta greca si radunò per la seconda volta in Aulide, non potè più ripartire perché Artemide, irritata contro Agamennone, aveva suscitato venti contrari e burrasche. Non si sa con certezza per quale ragione Artemide fosse irritata. Alcuni dicono che, colpito un cervo con una freccia scagliata da grande distanza, Agamennone si vantò dicendo: "Persino Artemide non avrebbe saputo fare di meglio!" oppure che egli uccise una capra sacra alla dea; oppure che il padre di Agamennone, Atreo, non aveva sacrificato ad Artemide un agnello dal vello d'oro che le era dovuto. Calcante vaticinò allora che per placare la collera di Artemide era necessario sacrificare alla dea la figlia di Agamennone, Ifigenia. La fanciulla fu chiamata in Aulide col pretesto di darla in sposa ad Achille, e fu preparato il sacrificio; ma sul punto di essere uccisa Ifigenia venne sostituita sull'altare della dea con una cerva e trasportata nella Tauride, dove venne consacrata sacerdotessa di Artemide, col terribile compito di sacrificare alla dea vittime umane, cioè, secondo i costumi del luogo, tutti gli stranieri che vi giungessero.
I Grerci identificarono con Artemide la Anaita dei Persiani; dai Romani fu identificata con Diana. Molti inni la ricordano nella letteratura: si vedano soprattutto gli inni Omerici e Callimachei; Catullo, Carme 34°, Orazio, Odi, I, 21; Ovidio, Metamorfosi, III.
Artemide ha un posto importante nelle tragedie di Euripide: Ippolito, Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauride.