MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera D
Dafne, Dafni, Danae.
DAFNE: ninfa dei monti e sacerdotessa della Madre Terra, amata da Apollo.
Secondo la localizzazione del suo mito è detta figlia del fiume Ladone (in Arcadia), o di Amicla (Laconia), o del fiume Peneo (Tessaglia). Amante della caccia, non viveva nelle città, ma passava il tempo a percorrere le montagne. Votata al culto di Artemide, e perciò alla verginità, rifiutò l'amore di Apollo, che acceso di desiderio, cercò di prenderla con la violenza. Dafne fuggì, e quando si accorse che il dio stava per raggiungerla, invocò in aiuto la Madre Terra che in un baleno la trasportò in Creta, dove essa divenne Pasifae. La Madre Terra fece poi crescere un lauro là dove si trovava Dafne, e Apollo intrecciò una corona con le sue foglie per consolarsi.
Il tentativo di usare violenza a Dafne non fu fatto d'impulso; da molto tempo Apollo l'amava e aveva artatamente provocato la morte del suo rivale Leucippo, figlio del re di Elide Enomao. Leucippo s'innamorò di Dafne e per poterla frequentare si travestì da fanciulla lasciandosi crescere i capelli in onore del fiume Alfeo. Si chiamò Eno e chiese il permesso di cacciare con Dafne la quale acconsentì. Ma Apollo, scoperto l'inganno grazie all'arte divinatoria, consigliò le Ninfe montane di bagnarsi nude per accertarsi che il loro gruppo fosse composto di sole donne: l'inganno di Leucippo fu così scoperto, e le Ninfe lo fecero a pezzi.
DAFNI: figlio di Ermete, molto amato da Apollo, Pan ed Artemide. Questi dèi insegnarono molte cose a Dafni, che peraltro inventò la poesia bucolica.
Era un bel giovane siciliano e sua madre, una ninfa, lo abbandonò in un bosco d'allori sulla montagna di Era; ecco il perché del nome che gli fu dato dai pastori, suoi genitori adottivi. Pan gli insegnò a suonare lo zufolo; egli era il beniamino di Apollo e cacciava spesso in compagnia di Artemide, che gradiva il suono della sua musica. Dedicava gran cura alla sua mandria, che era della stessa stirpe della mandria di Elio. Una ninfa chiamata Nomia gli fece giurare di non essere mai infedele, sotto pena di venire accecato; ma la rivale di Nomia, Chimera, riuscì a sedurre Dafni ubriaco, e Nomia lo accecò mettendo in atto la sua minaccia. Dafni si consolò per la perdita della vista suonando tristi canzoni, ma non sopravvisse a lungo. Ermete lo trasformò in una pietra che ancora si vede presso la città di Cefalenitano; e fece sgorgare a Siracusa una fontana che porta il nome di Dafni: colà ogni anno si offrono sacrifici.
Secondo una diversa versione, la donna di Dafni si chiamava Pimplea o Talia, che un giorno venne rapita dai pirati. Dafni la cercò in ogni angolo della terra, finché non la trovò fra le schiave di Litierse, re di Frigia. Il re Litierse sfidava tutti gli stranieri che si presentavano alla sua corte a misurarsi con lui in una gara di mietitura. Se le forze venivano loro meno, li frustava e la sera, dopo aver vinto la prova, li decapitava e ne celava i corpi tra i covoni, cantando lugubri inni. Eracle, che si trovava in Frigia a quel tempo, acconsentì a che Dafni prendesse parte alla gara, ma Eracle prese il suo posto e vinse: decapitò allora Litierse con una falce e gettò il suo cadavere nel fiume Meandro. Quanto a Dafni, non soltanto potè unirsi alla sua Pimplea, ma Eracle donò loro anche la terra di Litierse, come dote.
In onore di Litierse, i falciatori frigi cantano ancora un funebre inni agreste che assomiglia molto all'inno in onore di Manero, figlio del primo re egiziano e anch'esso morto al momento del raccolto.
DANAE: unica figlia di Acrisio, re di Argo, e di Euridice.
Acrisio, avendo avuto dall'oracolo di Delfi la predizione che un giorno sarebbe stato ucciso dal nipote, per impedire che ciò si avverasse chiuse la figlia in una torre dalle porte di bronzo, custodita da cani ferocissimi, sicuro così che la profezia non poteva avverarsi. Ma, nonostante queste precauzioni, Danae venne sedotta, gli uni dicono dallo zio Preto, gli altri da Zeus, sotto forma di una pioggia d'oro che cadde da una fenditura del tetto fin nel seno della giovane. Dall'unione nacque Perseo.
Quando Acrisio fu informato dell'accaduto, non volle credere che Zeus fosse il padre di Perseo e sospettò suo fratello Preto di essersi giaciuto ancora con Danae; non ebbe tuttavia il coraggio di uccidere la propria figlia e la rinchiuse con il neonato in un'arca di legno che gettò in mare. L'arca fu spinta dalle onde presso l'isola di Serifo, dove un pescatore chiamato Ditti la ripescò, la portò a riva, l'aprì e vi trovò Danae e Perseo ancora in vita. Subito li portò a suo fratello, re Polidette, che allevò Perseo nella propria casa.
Trascorsero gli anni e Perseo, raggiunta ormai l'età virile, difese la madre Danae da Polidette il quale, con l'appoggio dei propri sudditi, voleva costringerla a sposarlo. Polidette, respinto da Danae, che viveva per il figlio, studiò come liberarsi del ragazzo e lo mandò a uccidere Medusa e portargliene la testa. Mentre Perseo era assente, Polidette rinchiuse Danae in un tempio e le rifiutò il cibo sperando così di fiaccarne la resistenza e di convincerla a diventare la sua sposa.
Contrariamente alle attese di Polidette, Perseo tornò vincente. Polidette, invidioso della gloria del ragazzo, trattò tutti male, umiliò Danae, trattò come un servo il fratello e schernì Perseo. Allora il ragazzo, grazie al potere della testa di Medusa, lo pietrificò con tutti i suoi seguaci e l'isola di Serifo divenne una sassaia, sola una piccola parte rimase abitabile e Ditti ne divenne il re. Poi Perseo, con la sposa Andromeda e la madre tornò ad Argo per conoscere il nonno Acrisio. Questi, avvertito del suo arrivo, fuggì a Larissa; ma Perseo fu per caso invitato colà per partecipare ai giochi funebri organizzati da re Teutamide in onore del suo defunto genitore, e gareggiò nel pentatlon. Mentre lanciava il disco, questo, spinto dal vento e dalla volontà degli dèi, colpì Acrisio alla testa e lo uccise.
Secondo una più tarda leggenda italica, Danae, liberata dal figlio, approda nel Lazio, dove sposa Pilumno, fondatore della città di Ardea e antenato di Turno.