MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera G

Giunone, Giuturna, Glauce.

GIUNONE: antica divinità latina e romana, il cui culto è antichissimo e diffuso fra le genti di stirpe italica come i Sabini, gli Umbri, gli Osci e presso gli Etruschi.
Fatta compagna e sposa di Giove, potè facilmente essere considerata sotto l'aspetto di dea dell'atmosfera e della pioggia. Come tale le erano sacri la cornacchia, la capra, il cane. Nel Lazio assai presto era identificata con l'astro lunare, onde gli epiteti di Lucina o di Lucetia coi quali era invocata. Dalle antiche testimonianze risulta che l'antica Iuno-Lucina era considerata come inseparabile compagna di Giove. Mentre in Grecia Dione tendeva a scomparire cedendo il posto a Era, in Italia Giunone acquistò un campo di azione determinato, sia nell'ordine naturale, sia in quello sociale, prendendo il suo posto accanto a Giove, sebbene, sotto il rispetto religioso e in quello culturale, pur essendo la seconda divinità della Triade Capitolina, sia rimasta sempre inferiore a Giove.
Già in età assai remota, sotto l'influenza della mitologia greca, Giunone fu assimilata alla greca Era; e come i Greci avevano creato una genealogia degli dèi facendo di Era la sorella e la sposa di Zeus, figli di Crono e di Rea, così anche Giunone ebbe la sua genealogia e fu fatta figlia di Saturno e di Opi e sorella di Giove.
Identificata, come sposa del dio del cielo, con la dea del cielo notturno, la Luna, Giunone entrò per questa via in relazione col calendario e con la vita e la natura femminile. Per questa natura lunare di Giunone, la sua attività si estese a quei fatti che erano connessi con la luna, come il calendario che era regolato dalle fasi della luna, e fu sacro a Giunone il giorno delle Kalendae, primo giorno per tutti i mesi dell'anno. Come divinità delle calende Giunone ebbe l'epiteto di Kalendaris.
Quale sposa di Giove, Giunone madre e matrona per eccellenza aveva in sua cura tutte le manifestazioni proprie della fisiologia femminile e la propagazione della specie, stringeva i matrimoni, proteggeva la fecondità muliebre, la invocavano le donne nelle difficili contingenze del parto col nome di Giunone Lucina, epiteto interpretato come la dea che porta alla luce il bambino, o lo aiuta a uscire alla luce. Da queste molteplici funzioni deriva il notevole numero di epiteti di Giunone. Come tutrice del matrimonio e della castità muliebre le era dedicata la festa delle Matronalia, il giorno delle calende di marzo (il 1° marzo).
Nessuno dei santuari a lei dedicati in Roma raggiunse la celebrità di quello di Lanuvio, dove era venerata come Iuno Sispes (o Sospita) Mater Regina. Quando Lanuvio entrò a far parte dello Stato romano (338 a.C.), anche il culto di essa fu accolto fra i culti ufficiali di Roma. Con l'epiteto di Regina, Giunone assurse in Roma al grado di divinità politica quando fu parte, insieme con Minerva, a fianco di Juppiter Optimus Maximus, della Triade Capitolina che prese il posto dell'antica triade: Giove, Marte, Quirino.
Un aspetto particolare di Giunone in Roma quale divinità politica fu quello di Giunone Moneta, cioè "la dea che avverte" o "quella che fa ricordare" e che riceveva un culto sulla Cittadella, l'Arx (la sommità nord-est del Campidoglio). E proprio a Giunone Moneta si attribuisce la salvezza di Roma durante l'invasione dei Galli, nel 390 a.C. Furono le oche sacre a Giunone che cominciarono a stridere risvegliando così Manlio Capitolino che, alla testa dei difensori, respinse l'attacco dei Galli.

GIUTURNA: ninfa romana delle fonti e delle sorgenti, amata da Giove che le concesse l'immortalità. Ovidio racconta come la ninfa si trasformava in mille modi per sfuggire all'amore del dio, ma Giove riunì tutte le ninfe del Lazio e chiese loro di aiutarlo a prendere la fuggitiva. Secondo Virgilio era figlia del re mitico Dauno e sorella di Turno, il nemico di Enea. Inviata da Giunone per rompere il duello che doveva finire con la morte di Turno, fu spaventata dall'arrivo di una Furia mandata da Giove: copertosi il capo con un velo azzurro, si gettò gemendo nel fiume Numicio, e fu mutata in fonte. Si invocava specialmente nei periodi di siccità, e ne erano devoti gli operai addetti a lavori idraulici. L'antico culto che ebbe presso Lavinio fu trasferito a Roma presso il lago di Giuturna nel Foro Romano; il console Lutazio Catulo nel 241 a.C. le eresse un tempio nel Campo di Marte. Fu considerata anche moglie del dio Giano e madre di Fons, il dio delle fonti.

GLAUCE: 1. sfortunata figlia di Creonte re Corinto, sposò Giasone dopo che questi aveva abbandonato Medea. Medea così si vide oltraggiata da Giasone, uomo che lei tanto aveva aiutato, e protetto. Quindi, fingendosi rassegnata, mandò a Giasone un dono di nozze per mano dei suoi figli (poiché aveva avuto da Giasone sette maschi e sette femmine); e cioè una corona d'oro e un lungo manto bianco. Non appena Glauce li ebbe indossati, subito si levarono fiamme indomabili che non soltanto divorarono Glauce, benché essa si gettasse a capofitto nella fontana del cortile, ma anche re Creonte, un gruppo di nobili ospiti tebani e chiunque altro si trovasse nel palazzo, eccettuato Giasone che fuggì saltando da una finestra.
Quando Medea vide la reggia in fiamme, uccise i figli che aveva avuto da Giasone, salì sul cocchio trainato da draghi alati che il nonno Elio le aveva imprestato e si rifugiò presso Egeo re di Atene. Un'altra versione del mito narra che Medea lasciò i figli come supplici presso l'altare di Era Acrea, ma il popolo di Corinto, furibondo per l'assassinio di Glauce e di Creonte, li prese tutti e li lapidò a morte.

GLAUCE: 2. Glauce, figlia di Cicreo re di Salamina, sposò Telamone. Questi, alla morte di Cicreo che non aveva figli, ne ereditò il regno.