MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera L
Lico.
LICO: 1. Re di Tebe, figlio di Ctonio, uno degli Sparti (cioè dei guerrieri nati dai denti del drago ucciso da Cadmo), o d'Irieo e di Clonia, zio d'Antiope.
Lico e il fratello Nitteo crebbero in Eubea, ma a causa del crimine perpetrato ai danni di Flegia, re di Orcomeno, in Beozia, furono esiliati a Iria, città della Beozia. In seguito si spostarono a Tebe dove vennero accolti da re Penteo. Secondo un'altra versione i due fratelli non nacquero ad Atene ma a Iria o a Eubea ed erano figli del dio Poseidone e della pleiade Celeno.
A Tebe conquistarono rapidamente potere. Nitteide, la figlia di Nitteo, sposò il re Polidoro, figlio di Cadmo, e quando il re morì Nitteo divenne reggente per il figlio del re, Labdaco. Un'altra figlia di Nitteo, Antiope, fu sedotta da Zeus e, temendo l'ira del padre, si rifugiò presso il re di Sicione, che acconsentì a sposarla; e ciò diede origine a una guerra durante la quale Nitteo fu ucciso. Prima di morire fece promettere a Lico che avrebbe punito Epopeo, re di Sicione, che aveva offerto rifugio alla fanciulla. Lico, avendo ereditato il trono di Tebe dal fratello, marciò su Sicione, sconfisse Epopeo e catturò Antiope e la riportò a Tebe. Sul monte Citerone Antiope diede alla luce i figli di Zeus, i gemelli Anfione e Zeto. Lico la costrinse ad abbandonare i figlioletti in una caverna sulla montagna, ma alcuni pastori li trovarono e si occuparono di loro. Lico affidò Antiope alla moglie Dirce, la quale la trattò come una schiava tenendola in catene.
Labdaco era diventato adulto e Lico gli cedette il trono che gli spettava, ma dopo un solo anno di regno trovò la morte nella guerra contro Pandione di Atene. Lico riprese il ruolo di reggente a Tebe, questa volta per il figlio di Labdaco, Laio, e secondo alcuni progettò di diventare re al suo posto.
Molti anni più tardi i figli di Antiope, Anfione e Zeto giunsero a Tebe e condannarono Lico a morte (anche se secondo un'altra versione Ermete lo salvò). Antiope riuscì a sfuggire a Dirce e chiese ai suoi figli di vendicarla per tutte le ingiustizie subite. I gemelli si imbatterono in Dirce che vagava per le balze del Citerone in preda a frenesia bacchica, la legarono per i capelli alle corna di un toro e, quando fu morta, ne gettarono il cadavere al suolo. Poi si recarono a Tebe, dove espulsero re Laio e costruirono la città bassa, poiché Cadmo aveva già edificato la città alta.
LICO: 2. Figlio di Lico e di Dirce. Quando il padre morì fuggì in Eubea. Qualche tempo dopo la sconfitta dei Sette, ma prima dell'attacco della città da parte degli Epigoni, conquistò potere a Tebe uccidendo il vecchio Creonte, reggente per Laodamante, figlio di Eteocle. Convinto che Eracle fosse morto (tale notizia gli era stata data da Copreo), Lico cercò di sedurre Megara, figlia di Creonte, e poiché essa gli resisteva, l'avrebbe uccisa con i suoi figli se Eracle non fosse ritornato dal Tartaro appena in tempo per vendicarsi di Lico.
Secondo l'Eracle di Euripide quest'episodio ebbe luogo al tempo della dodicesima fatica, quando Eracle visitò l'oltretomba alla ricerca di Cerbero. La versione più diffusa del mito comunque pone questi eventi prima delle fatiche. Eracle nella sua ira uccise Lico, restituì il trono a Laodamante e strappò moglie e figli dalle mani degli assassini. Ma Era, che prediligeva Lico, fece impazzire Eracle: egli uccise allora i propri figli e forse la stessa Megara, credendoli figli di Euristeo.
I Tebani che mostrano ancor oggi le tombe dei fanciulli, dicono che Eracle avrebbe ucciso in quella circostanza anche Anfitrione, se Atena non gli avesse ridato il senno picchiandogli sul capo una grossa pietra. In verità, Anfitrione era morto molto tempo prima, durante la guerra orcomena. Gli Ateniesi sostengono che Teseo, grato a Eracle che lo aveva liberato dal Tartaro, arrivò in quel frangente con un esercito ateniese, per dar man forte a Eracle contro Lico. Rimase come annichilito dinanzi a quella strage, tuttavia promise a Eracle tutti gli onori finché fosse vissuto e anche dopo la sua morte e lo condusse ad Atene, dove Medea lo guarì dalla follia e Sicalo lo purificò di nuovo.
LICO: 3. Uno dei quattro figli di Pandione, re di Atene, e di Pilia. Dopo la morte di Pandione, i suoi figli marciarono contro Atene, scacciarono i figli di Metione e divisero l'Attica in quattro parti, seguendo le istruzioni del loro padre. Egeo, che era il maggiore, ebbe la sovranità su Atene, mentre i suoi fratelli estrassero a sorte gli altri lotti del regno: a Niso toccò Megara e la regione circostante fino a ovest di Corinto; a Lico toccò l'Eubea e a Pallade l'Attica meridionale, dove egli generò una rozza stirpe di Giganti.
Lico, cacciato dall'Eubea, si rifugiò presso Sarpedone e diede il suo nome alla Licia, dopo essersi recato da Afareo ad Atene e aver iniziato l'intera famiglia reale ai Misteri delle grandi dee Demetra e Persifone, nonché ai Misteri di Attide, nell'antica capitale messenica di Andania. Codesta Attide, che diede il proprio nome all'Attica, era una delle tre figlie di Cranao, il re autoctono di Atene che regnò ai tempi del diluvio di Deucalione. Il bosco di querce ad Andania, dove Lico purificava gli iniziati, porta ancora il nome di Cranao. Gli fu concesso il dono della profezia e il suo oracolo un giorno dichiarò che, se i Messeni avessero saputo tenere segreta una certa cosa avrebbero potuto ricuperare le loro ricchezze, ma in caso contrario le avrebbero perdute per sempre. Lico si riferiva a un ragguaglio dei Misteri della Grande Dea inciso su un foglio di stagno, che i Messeni rinchiusero allora in un'urna di bronzo sepolta tra un tasso e un mirto, sulla vetta del monte Itone; Epaminonda il Tebano dissotterrò poi quet'urna quando ridonò ai Messeni il loro antico splendore.
Il Liceo di Atene è così chiamato in onore di Lico; fin dalle origini fu sacro ad Apollo che colà ricevette il soprannome di "Liceo" e cacciò i lupi da Atene con il profumo dei suoi sacrifici.
LICO: 4. Re dei Mariandini di Bitinia, figlio di Dascilo e nipote di Tantalo. Accolse gli Argonauti quando giunsero nel suo regno diretti in Colchide. Re Lico, che aveva avuto noie dai Bebrici, suoi vicini, era riconoscente verso gli Argonauti che avevano ucciso il loro re Amico, tanto più che Amico gli aveva ucciso il fratello, Otreo, ed egli stesso era impegnato in una spedizione punitiva allorché gli Argonauti lo sbarazzarono del suo nemico. In segno di gratitudine accordò magnifici funerali a due Argonauti appena morti, il timoniere Tifi e il veggente Idmone, e offrì il proprio figlio Dascilo perché guidasse gli Argonauti nel loro viaggio lungo la costa.
Anche Eracle, intento alla conquista della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni, fu ospitato dal re Lico, e in cambio lo aiutò nella guerra contro i Bebrici e uccise molti di loro, compreso il re Migdone, fratello di Amico; riconquistò gran parte della terra di Plafagonia e la restituì a Lico, che la chiamò Eraclia in suo onore. Al suo ritorno da Temiscira, Eracle sostò di nuovo a Mariandine dove partecipò ai giochi funebri in onore del fratello di re Lico, Priola, che era stato ucciso dai Misi; combattè vittoriosamente contro i Misi e i Frigi in nome di Dascilo; respinse anche i Bitini fino alla foce del fiume Reba e le più alte pendici del monte Colone e si aggiudicò il loro regno.