MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera L

Licomede, Licoreo, Licurgo.

LICOMEDE: re dei Dolopi, nell'isola di Sciro, si tenne qualche tempo in casa il giovane Achille, che Teti aveva mandato alla sua Corte vestito da donna perché sfuggisse alla guerra e alla morte. Teti sapeva che suo figlio non sarebbe mai tornato da Troia se si fosse unito alla spedizione dei Greci, poiché era destino che egli morisse giovane e coperto di gloria, oppure vivesse oscuramente e a lungo. Nel palazzo di Licomede Achille visse sotto il nome di Cercisera, Issa o Pirra ed ebbe rapporti amorosi con la figlia di Licomede, Deidamia, che lo rese padre di Neottolemo, detto Pirro.
A Odisseo, Nestore e Aiace toccò l'incarico di ricercare Achille a Sciro, perché correva voce che egli fosse nascosto laggiù. Licomede li lasciò frugare nel palazzo, e non avrebbero mai trovato Achille se Odisseo non avesse posato nella sala un mucchio di doni, per lo più gioielli, cinture, manti ricamati e così via, pregando le fanciulle di corte di fare la loro scelta. Poi Odisseo ordinò che squillassero le trombe e che all'esterno si udisse un gran clangore di armi: ed ecco che una delle fanciulle afferrò uno scudo e una lancia che si trovavano tra i doni. Era Achille, che promise di guidare i suoi Mirmidoni a Troia. Quando Achille dovette partire per la guerra, Licomede si assunse l'incarico di allevare Pirro.
Più tardi Teseo si rifugiò presso Licomede che, benché grande amico di Menesteo (che aveva usurpato il trono di Teseo ad Atene), gli fece una splendida accoglienza degna della sua fama e del suo lignaggio. Teseo, che aveva ereditato delle terre in Sciro, chiese il permesso di stabilirsi nell'isola. Ma Licomede ebbe paura che Teseo si conciliasse l'affetto e l'ammirazione dei suoi sudditi e gli sottraesse così il regno. Oppure, da molto tempo considerava quelle terre come sue e, col pretesto di mostrare a Teseo fin dove giungessero i loro confini, lo guidò su un alto promontorio e di là lo fece precipitare in mare, dicendo poi a tutti che era caduto incidentalmente, mentre passeggiava dopo cena, con il cervello annebbiato dal vino.

LICOREO: figlio di Apollo e della ninfa Coricia. Fondatore della città che prese il suo nome Licorea, situata sulla sommità del Parnaso. Nei suoi pressi approdò l'arca di Deucalione dopo il diluvio. Licoreo ebbe un figlio, Iamo, la cui figlia, Celeno, gemerò ad Apollo Delfo. È per questo che gli abitanti di Delfi erano detti Licorei.

LICURGO: 1. Figura mitica di sovrano; secondo alcuni era figlio di Driante, secondo altri invece di Ares. Omero lo colloca in Nisa, e narra che egli scacciò dalle sue terre a colpi di pungolo le Baccanti nutrici di Dioniso insieme ai Satiri del suo seguito, e che lo stesso dio per salvarsi si tuffò nelle onde del mare e si rifugiò nella grotta di Teti, figlia di Nereo. Gli dèi irati vollero che Zeus lo punisse; Zeus lo accecò e gli abbreviò la vita di alcuni anni. La leggenda posteriore collocava Licurgo in Tracia, dove era detto signore degli Edoni, popolazione affine a quella dei Bistoni. Intorno alla sua figura furono elaborate dagli antichi parecchie altre tradizioni. Si disse che Licurgo aveva così agito perché istigato da Era che odiava Dioniso. Presso i tragici Licurgo avrebbe insultato Dioniso insieme con le Menadi, e lo avrebbe messo perfino in ceppi; ma Dioniso si vendicò mettendo Licurgo negli stessi ceppi che egli aveva sofferto e sprofondandolo poi nell'Ade. Secondo altri Ambrosia una delle Menadi, minacciata da Licurgo invocò la Terra dalla quale fu mutata in un ceppo di vite che avvolse Licurgo tra le spire dei suoi tralci, esponendolo così legato alla vendetta delle altre Menadi. Era dovette liberarlo brandendo sopra le Menadi il gladio di Ares.
In leggende più tarde, reso pazzo da Dioniso, Licurgo uccise il proprio figlio Driante scambiandolo per un tralcio di vite da potare. Poiché per l'orrore di tale delitto l'intera Tracia rimase sterile e l'oracolo tracio promise che il malanno sarebbe cessato solo se Licurgo fosse ucciso, il disgraziato, riacquistata la ragione, venne portato dagli Edoni sul monte Pangeo e colà, per volontà di Dioniso, fatto a pezzi da cavalli selvaggi. Secondo un'altra variante Dioniso l'avrebbe fatto sbranare dalle proprie pantere sul monte Rodope. Secondo la leggenda riportata da Igino, Licurgo aveva bandito Dioniso dal suo regno, contestando la sua divinità. Poi, bevve del vino e si ubriacò. In stato di ebrezza tentò di violentare sua madre, ma finita la sbronza e resosi conto di quello che stava per combinare ordinò al popolo di tagliare le viti, perché il vino era una cattiva bevanda in quanto alterava la mente. Egli stesso tentò di tagliare le viti, ma Dioniso gli aveva infuso la follia e colpì con la scure sua moglie col figlio.

LICURGO: 2. Re di Nemea, figlio di Fere o di Pronace, aveva avuto da Anfitea, o Euridice, un bambino, chiamato Ofelte. Quando i Sette, nel corso della loro marcia contro Tebe attraversarono Nemea, chiesero a Licurgo di abbeverare le truppe nelle sue terre e il re acconsentì, la schiava Ipsipile li guidò alla sorgente più vicina. Ipsipile era una principessa di Lemno, e allorché le donne di Lemno giurarono di uccidere tutti i loro uomini per vendicarsi di un oltraggio, essa salvò la vita al suo padre Toante. Fu perciò venduta come schiava e ora, in Nemea, era bambinaia del figlio di Licurgo, Ofelte. Un oracolo aveva ordinato di non posare a terra il bambino prima che potesse camminare, ma Ipsipile lo posò a terra per un momento mentre guidava l'armata argiva alla sorgente e subito un serpente si avvinghiò alle membra di Ofelte e lo uccise con un morso. Adrasto e i suoi uomini ritornarono dalla sorgente troppo tardi e non poterono fare altro che uccidere il serpente e seppellire il bambino. Essi istituirono i Giochi Nemei in onore del fanciullo, chiamandolo Archemoro, l'"Inizio del Destino".
Licurgo ed Euridice avrebbero voluto punire Ipsipile con la morte, ma fu salvata dall'intervento dei Sette, soprattutto di Tideo, di Anfiarao e dei giovani Euneo e Toante. Anfiarao provocò il reciproco riconoscimento tra madre e figli grazie a un ramoscello di vite dorato, che portavano i due giovani e che era un dono fatto un tempo da Dioniso al loro nonno Toante. Inoltre, Anfiarao calmò Euridice e ottenne da lei il permesso, per Ipsipile e i suoi figli, di ritornare a Lemno.

LICURGO: 3. Figlio d'Aleo, re di Tegea, e di Neera; fratello di Auge (che generò ad Eracle un figlio, Telefo), Cefeo e Afidamante. Quando i fratelli Cefeo e Afidamante partirono per la conquista del Vello d'Oro con la nave Argo, Licurgo restò in Arcadia e regnò al posto del loro padre. Licurgo uccise il re Areito in uno stretto passaggio dove la sua grande mazza di ferro non poteva servire a proteggerlo. Più tardi consegnò le armi di Areito al servo Ereutalione. Poiché il figlio di Licurgo, Anceo, era stato ucciso dal cinghiale Calidonio, al trono gli succedette il nipote Echemo, figlio di Cefeo.
Secondo alcuni Licurgo era padre di Iaso, padre di Atalanta.