MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera M

Melanippo, Meleagro.

MELANIPPO: 1. Figlio di Astaco tebano, era discendente della stirpe degli Sparti; durante la guerra dei Sette contro Tebe fu uno degli eroi che difesero la città. Uccise Mecisteo, fratello d'Adrasto, e avendo ferito a morte l'eroe Tideo, Anfiarao gli tagliò la testa e la gettò al morente, il quale la addentò; Atena, che aveva pensato di rendere Tideo immortale per il suo valore, inorridita lo lasciò morire.
Dante, che riprende l'episodio dalla Tebaide di Stazio, lo ricorda a proposito del conte Ugolino (Inferno, XXXII, 130-32).

MELANIPPO: 2. Mitico giovane di Patrasso, in Acaia, amò e sedusse la sacerdotessa Cometo presso l'altare del tempio di Artemide Triclaria. Artemide stessa uccise i due giovani nel suo tempio. Seguì nel paese una tremenda epidemia, per far cessare la quale l'oracolo di Delfi impose che si offrissero ogni anno in sacrificio alla dea il più bel giovane e la più bella fanciulla. Questo orrendo tributo cessò con l'arrivo in città dell'eroe Euripilo.

MELEAGRO: principale eroe dell'Etolia, intorno al quale si concentrano tutti i miti della regione. Figlio di Eneo, re di Calidone, e di Altea, partecipò alla spedizione degli Argonauti. Al ritorno sposò Cleopatra, figlia di Ida.
Avendo il padre, durante la sua assenza, trascurato il culto di Artemide, si vide devastate in punizione le terre da un terribile cinghiale. Eneo ordinò al figlio di affrontarlo, e Meleagro, organizzò la caccia con l'aiuto dei più abili e coraggiosi principi greci, fra cui Peleo ed Eurizione, Ida e Linceo, Telamone, Teseo, Castore e Polideuce, Anfiarao, gli zii materni Plessippo e Tosseo, e Atalanta, unica figlia di Iaso. Eneo intrattenne i cacciatori per nove giorni in festeggiamenti, promettendo che chiunque avesse ucciso la belva se ne sarebbe assicurato la pelle e le zanne. Il decimo giorno partirono tutti contro il cinghiale, non senza qualche resistenza da parte d'un certo numero di essi, che rifiutavano di aver una donna nella loro schiera. Anceo e un buon numero di altri eroi vennero uccisi dalla crudele bestia, ma infine Atalanta versò il primo sangue del cinghiale colpendolo con una freccia all'orecchio, mentre Anfiarao riuscì ad accecare la belva dopo di lei. Teseo, che aveva lanciato un giavellotto a vuoto, stava per essere travolto, allorché Meleagro conficcò il giavellotto nel ventre del cinghiale e lo trafisse con un colpo di lancia che gli giunse al cuore. Meleagro ricevette, secondo l'uso, le spoglie che egli donò ad Atalanta, essendo innamorato di lei. Gli zii di Meleagro furono molto offesi. Il maggiore, Plessippo, protestò dicendo che Meleagro meritava la pelle per sé e che, se la rifiutava, bisognava assegnarla alla persona più autorevole tra i presenti, cioè a Plessippo stesso, come cognato di Eneo. Suo fratello minore, Tosseo, lo appoggiò. Meleagro, in un impeto d'ira, li uccise entrambi. Altea, disperata per la morte dei fratelli, maledisse allora il figlio, il che gli impedì di difendere Calidone quando gli altri due zii superstiti dichiararono guerra alla città e uccisero molti dei suoi abitanti. Infine sua moglie Cleopatra lo indusse a prendere le armi ed egli uccise anche questi due zii, benché fossero protetti da Apollo; allora le Moire consigliarono ad Altea di prendere dal cofano il tizzone spento e di gettarlo sul fuoco. Meleagro sentì un improvviso bruciore agli intestini e i nemici lo sopraffecero facilmente. Altea e Cleopatra si impiccarono e Artemide trasformò tutte le gementi sorelle di Meleagro, salvo due, in galline faraone, e le portò nell'isola di Lero, dimora dei malviventi.
Secondo un'altra versione del mito, quando Meleagro compì i sette anni, le Moire apparvero nella stanza di Altea e le annunciarono che il ragazzo avrebbe potuto vivere soltanto finché un certo tizzone del focolare non si fosse consumato. Altea tolse subito quel tizzone dal fuoco, lo spense e lo nascose in un cofano. Ma quando le giunse la notizia dell'uccisione dei fratelli, nell'ira Altea gettò nelle fiamme il tizzone, e Meleagro, appena esso fu consumato, morì.
Un'ulterione versione del mito, più antica di quelle riportate, narra come dopo l'uccisione del cinghiale, sorgesse, per opera di Artemide, una disputa per le sue spoglie fra Etoli e Cureti: i primi riuscirono vincitori finché Meleagro li aiutò, poi, maledetto dalla madre per aver ucciso un fratello di lei, Meleagro si ritirò, e allora gli Etoli ebbero la peggio. Ma per le preghiere della sposa Cleopatra, Meleagro ritornò nella lotta, salvando gli Etoli, ma scomparendo nella mischia. Fra le altre imprese riferite a Meleagro, si cita che i pastori di Corito scoprirono, esposto sul monte Partenio, il figlio neonato di Atalanta che essa aveva avuto da Meleagro; lo chiamarono Partenopeo, che significa "figlio di una vergine violata", perché Atalanta pretendeva d'essere ancora vergine. In Colchide, Meleagro lottò accanto agli Argonauti e uccise il re Eete. Ai giochi funebri per le esequie di Pelia, vinse la gara di lancio del giavellotto. Quando Eracle discese al Tartaro per catturare il cane Cerbero, incoccò una freccia per colpire Meleagro che indossava una splendida armatura, Meleagro rise e disse all'eroe che non aveva nulla da temere dai morti e conversarono amichevolmente per un po'. Infine Eracle gli promise di sposare la sua sorella, Deianira.