MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera O
Odisseo.
ODISSEO: re di Itaca, uno dei personaggi principali dell'Iliade e figura centrale dell'Odissea.
Odisseo era l'unico figlio di Laerte e Anticlea, anche se secondo alcuni Anticlea sposò Laerte dopo essere stata violentata da Sisifo, e le circostanze in cui Odisseo fu concepito bastano a spiegare la sua straordinaria astuzia. Autolico, padre di Anticlea, si recò a Itaca poco dopo la nascita del bimbo e la sera, al termine del banchetto, prese il piccolo sulle ginocchia e Anticlea gli chiese di dare egli stesso il nome al nipote. Autolico rispose: "Nel corso della mia vita mi sono messo in urto con molti principi e chiamerò dunque il mio nipote Odisseo, che significa Il Rabbioso, perché sarà vittima delle mie antiche inimicizie". Autolico promise inoltre a Odisseo ricchi doni il giorno in cui fosse stato in grado d'andare a prenderli personalmente nella sua dimora sul monte Parnaso. Non appena raggiunta la maturità, Odisseo si recò a far visita ad Autolico ma, mentre cacciava in compagnia degli zii, fu ferito da un cinghiale alla coscia e gli restò una cicatrice che diede modo, alquanti anni dopo, alla nutrice Euriclea di riconoscerlo quando rimise piede nel suo palazzo a Itaca in sembianza di mendico. Autolico tuttavia ebbe gran cura di lui e lo rimandò a Itaca con i doni promessi. Qualche tempo dopo, avendo i Messeni rubato agli Itacesi trecento montoni, fu mandato da Laerte presso il re della Messenia a risolvere pacificamente la questione. Quivi ricevette in dono da Orsiloco e da Ifito l'arco di Eurito, loro padre, re di Ecalia. E proprio con quell'arco, molti anni più tardi, venne lanciata la sfida ai pretendenti di Penelope.
Quando giunse il momento di prender moglie, la scelta di Odisseo cadde su Penelope figlia di Icario, re di Sparta. Per conquistare la sua sposa Odisseo diede mostra per la prima volta dell'astuzia che l'avrebbe reso celebre. Si unì alla schiera dei pretendenti di Elena, la bellissima figlia di Tindareo, fratello di Icario, ma si presentò a mani vuote, poiché non aveva la minima possibilità di successo. Tindareo non respinse alcuno dei pretendenti né, d'altro canto, volle accettare i doni offerti, poiché temeva che la sua preferenza per questo o quel principe potesse far nascere dispute tra gli altri. Per trarlo d'impaccio dinanzi al gran numero di pretendenti, Odisseo gli consigliò di esigere da ciascuno di loro il giuramento di rispettare la scelta che sarebbe stata fatta e di aiutare il prescelto a tenersi la moglie nel caso in cui qualcuno l'avesse pretesa per sé. La scelta cadde su Menelao, e più tardi, quando Paride rapì Elena, tutti gli altri principi si trovarono obbligati da quel vecchio giuramento a partecipare alla guerra di Troia per aiutare Menelao a riconquistare la sua sposa. Per ripagarlo dell'ottimo consiglio che gli aveva dato, Tindareo cercò di intercedere presso il fratello Icario e Odisseo ottenne Penelope nonostante la riluttanza di Icario a lasciar partire l'amata figlia. Secondo un'altra versione della leggenda, Icario istituì una gara di corsa a piedi dichiarando che il vincitore avrebbe avuto la mano della figlia, e Odisseo riportò la vittoria. Dopo aver maritato Penelope a Odisseo, Icario lo pregò di rimanere a Sparta alla sua corte. Odisseo rifiutò e Icario allora inseguì il cocchio sul quale viaggiava la coppia di sposi, supplicando Penelope di tornare indietro. Odisseo, perduta la pazienza, si volse e disse a Penelope: "O vieni con me a Itaca, oppure, se mi preferisci tuo padre, rimani qui con lui senza di me!" Penelope abbassò il velo che le copriva il capo e Icario, resosi conto che Odisseo agiva con suo pieno diritto, lasciò partire la figlia. Più tardi Icario fece erigere sul luogo della separazione da sua figlia una statua dedicata ad Aidos ("il pudore"). Penelope diede a Odisseo un unico figlio, Telemaco. Questi era ancora in tenera età allorché si sparse la notizia che Paride aveva rapito Elena.
Agamennone ricordò il giuramento dei pretendenti e disse ai principi che era giunto il momento di proteggere i diritti di Menelao e l'onore della Grecia. Ora, Odisseo era stato ammonito da un oracolo che se fosse andato a Troia sarebbe tornato in patria dopo vent'anni, solo e in miseria. Si finse dunque pazzo e quando Menelao e Palamede figlio di Nauplio giunsero a Itaca lo trovarono vestito da contadino che arava un campo pungolando un bue e un asino aggiogati assieme e gettandosi dietro le spalle manciate di sale. Palamede strappò il piccolo Telemaco dalle braccia della madre e lo posò per terra davanti alle zampe degli animali aggiogati all'aratro, Odisseo subito tirò le redini per non uccidere il figlio dimostrando così d'essere sano di mente. Costretto, partì per Troia, ma conservò nei confronti di Palamede un odio implacabile.
A Odisseo, Nestore e Aiace toccò l'incarico di ricercare Achille a Sciro, perché correva voce che egli fosse nascosto laggiù. Fu proprio grazie alla furbizia di Odisseo che venne scoperto il nascondiglio di Achille, ben celato negli appartamenti delle donne nella reggia di Licomede. Odisseo partì con un contingente di dodici navi e nella spedizione si fusero le forze cretesi ed elleniche. L'esercito ellenico era guidato da Agamennone e dai suoi luogotenenti Odisseo, Palamede e Diomede; la flotta ellenica era comandata da Achille, con l'aiuto del Grande Aiace e di Fenice. Quando la flotta si trovò bloccata in Aulide, fu proprio Odisseo a convincere con l'inganno Clitemnestra a convocare la figlia Ifigenia, dicendole che era stata promessa in sposa ad Achille e, secondo la versione più accreditata della vicenda, la fanciulla venne sacrificata per placare l'ira di Artemide. Fu sempre Odisseo a suggerire che i Greci catturassero Filottete sull'isola di Lemno e interpretò con correttezza l'oracolo concernente la guarigione di Telefo da parte di Achille, autore della ferita. Mentre Achille declinava ogni competenza, Odisseo fece osservare che si trattava in realtà della lancia, e non del guerriero. Achille acconsentì; mise un po' della ruggine, che si trovava sulla sua lancia, sopra la ferita di Telefo e, usando anche l'erba achillea, un vulnerario da lui stesso scoprto, risanò la ferita.
La guerra di Troia.
Quando i Greci giunsero infine a Troia, Odisseo fu mandato insieme a Menelao in città per chiedere la restituzione di Elena e del tesoro. I Troiani, ben decisi a non restituire Elena, li avrebbero uccisi se Antenore, che li aveva ospitati in casa propria, non avesse impedito l'atroce misfatto. All'assedio di Troia l'amico più caro di Odisseo era Diomede; insieme compirono molte gesta gloriose. La morte di Palamede venne comunque considerata da tutti opera di Odisseo (con o forse senza la connivenza di Diomede). Secondo alcuni autori Odisseo lo accusò di tradimento e, di nascosto, seppellì un sacco d'oro nel punto dove sorgeva la tenda di Palamede. Questi fu condotto dinanzi alla corte marziale, e poiché negava disperatamente di aver ricevuto denaro da Priamo o da chiunque altro, Odisseo propose che si frugasse nella sua tenda. L'oro venne così scoperto e Palamede fu lapidato come traditore. Altri dicono che Odisseo e Diomede, fingendo di aver trovato un tesoro in un pozzo profondo, vi calarono Palamede appeso ad una corda e poi gli spaccarono il cranio con grosse pietre; oppure lo annegarono durante una partita di pesca.
Nell'Iliade la figura di Odisseo è soprattutto quella d'un abile oratore e stratega, non d'un guerriero. Quando parlava si trasformava catturando l' attenzione degli astanti. Scelto per accompagnare Aiace, figlio di Telamone, e Fenice nel loro tentativo di convincere Achille a partecipare ancora alla guerra, Odisseo parlò con grande eloquenza ma fallì l'intento. Partecipò ad almeno due spedizioni nel campo nemico. La prima volta entrò nel campo di Ettore nella pianura e con Diomede spiò la situazione nemica. Si imbatterono in Dolone, figlio di Eumede, che era stato mandato in ricognizione da Ettore, e dopo avergli strappato informazioni con la forza, gli tagliarono la gola. Poi uccisero nel sonno il capitano Reso di Tracia, e molti nobili al suo seguito, e rapirono gli stupendi cavalli del re, più veloci del vento. Quando i Traci superstiti si destarono e videro il re morto e i suoi cavalli spariti, si diedero disordinatamente alla fuga e i Greci li uccisero quasi tutti.
Più tardi Odisseo, solo o accompagnato da Diomede, cercò asilo in Troia, sporco, sanguinante e coperto di stracci come uno schiavo fuggiasco. In città soltanto Elena lo riconobbe, ma non lo tradì e lo invitò a casa. Si raccontava che Elena si fosse confidata con Ecuba della presenza di Odisseo; ma la regina, come Elena, per qualche misteriosa ragione, rinunciò a denunciarlo. Poi, non senza aver massacrato alcuni Troiani, particolarmente le guardie della porta, potè ritirarsi e rientrare nell'accampamento acheo.
Quando Achille venne ucciso da Paride, Aiace, il figlio di Telamone, recuperò il suo corpo e lo riportò al campo greco sotto una pioggia di dardi, mentre Odisseo proteggeva la ritirata. Tra i due nacque una disputa sull'armatura di Achille, ma i principi achei deliberarono che le armi toccassero a Odisseo come riconoscimento della sua preziosa opera; tale deliberazione parve ingiusta ad Aiace, che riteneva di essere secondo dopo Achille nella scala del valore. Onde la follia e il suicidio dell'eroe di Salamina.
Poco dopo, Odisseo con Diomede rubò le ceneri di Laomedonte e il Palladio. L'azione di Odisseo era intesa all'adempimento del responso oracolare: finché le ceneri di Laomedonte e il Palladio fossero rimaste a Troia, la città non sarebbe caduta. Quando Paride morì ed Elena venne data in sposa a Deifobo, Eleno, l'indovino troiano, offeso perché aveva sperato d'avere Elena per sé, abbandonò la città e andò a vivere sulle pendici del monte Ida. Odisseo lo catturò ed Eleno si dichiarò pronto a rivelare gli oracoli segreti e le condizioni necessarie alla caduta di Troia purché i Greci gli consentissero di rifugiarsi al sicuro in qualche terra lontana. Odisseo decise di dedicare i suoi sforzi perché queste condizioni si verificassero: indusse Licomede ad autorizzare la partenza di Neottolemo per Troia e Odisseo, di buon grado, gli cedette le armi di Achille; guidò una spedizione a Lemno dove con un inganno riuscì a strappare a Filottete l'arco e le frecce di Eracle. A questo punto comparve il dio Eracle e convinse Filottete, che odiava Odisseo responsabile del suo abbandono sull'isola di Lemno, a partire per Troia.
Intanto Odisseo ebbe l'ingegnoso inganno mediante il quale gli Achei poterono prendere Troia. Fatto costruire un grande cavallo di legno, Odisseo e gli altri eroi si celarono nella cavità del suo ventre; intanto l'esercito levava le tende e s'imbarcava dirigendo la flotta verso l'isolotto di Tenedo, dove si ancorava a ponente, così da sfuggire alla vista dei Troiani. Frattanto Sinone, ammaestrato da Odisseo, vagava per la campagna dinanzi a Troia; catturato raccontava un'intricata serie di menzogne, volte a persuadere i Troiani che il cavallo era un dono votivo e di risarcimento per Pallade e che, se fossero riusciti a portarlo dentro la città, questa sarebbe divenuta così potente, da minacciare più tardi l'Ellade stessa. I Troiani, dopo alquanti dubbi, introdussero il cavallo in città attraverso un breccia nelle mura. Elena e Deifobo si recarono a vederlo e nel tentativo di sventare un'eventuale trappola Elena parlò agli uomini nascosti nel ventre del cavallo imitando le voci delle loro mogli. Con fatica Odisseo riuscì a impedire ai compagni di rispondere. In seguito, quando uscirono dal cavallo, aprirono le porte agli Achei tornati a riva, che presero e incendiarono la città. Odisseo non dimenticò il suo debito verso Antenore e sulla porta della sua casa appese una pelle di pantera perché fosse risparmiato dal massacro.
Odisseo dichiarò che tutta la discendenza di Priamo doveva essere estinta e senza batter ciglio scagliò il piccolo Astianatte, il figlio di Ettore, giù dalle fortificazioni. Poi, Odisseo e Menelao raggiunsero la casa di Deifobo e colà si impegnarono in una sanguinosa battaglia dalla quale uscirono vittoriosi. Non si sa chi dei due uccise Deifobo. Taluni dicono che Elena stessa gli immerse una spada nella schiena; e questo suo gesto, unitamente alla visione del suo seno nudo, indebolì talmente la volontà di Menelao (il quale aveva giurato di ucciderla) che gettò le armi e permise a Elena di raggiungere sana e salva le navi greche. Odisseo cercò anche di distogliere dai Greci l'ira di Atena provocata dal gesto di Aiace, figlio di Oileo, il quale aveva violentato Cassandra davanti alla statua della dea suggerendo che venisse lapidato. Quando Atena per vendicare il sacrilegio mandò un temporale contro le navi greche, Odisseo fu risparmiato. Incorse comunque nell'ira degli dèi e soprattutto di Poseidone; fu l'ultimo dei Greci a raggiungere la patria, dopo dieci lunghi anni di viaggio.
Il ritorno a Itaca.
Le avventure di questo periodo e del periodo immediatamente successivo sono l'argomento dell'Odissea di Omero.
Odisseo salpò da Troia ben sapendo che avrebbe dovuto vagare per altri dieci anni prima di raggiungere Itaca; sbarcò a Ismaro Ciconia e la prese d'assalto. Di tutti gli abitanti ne risparmiò uno solo, Marone che era sacerdote di Apollo. In segno di gratitudine, Marone gli regalò alcune giare d'un vino dolce e forte, che gli sarà utilissimo nel paese dei Ciclopi. Tentò di doppiare il capo Malea e di spingersi a nord verso Itaca, ma un vento contrario lo spinse nella terra dei mangiatori di loto. Ripartì e giunse all'isola dei Ciclopi dove, con dodici uomini, penetrò in una caverna. I Greci sedettero attorno al focolare, sgozzarono e arrostirono alcuni capretti trovati nella grotta, si servirono dei formaggi allineati nei canestri lungo le pareti e banchettarono in letizia. Verso sera apparve Polifemo che spinse il suo gregge nella caverna e ne chiuse l'ingresso con una pesante pietra. Poi si voltò intorno, vide Odisseo e i suoi compagni riuniti attorno al focolare e cominciò a divorarli a coppie. Odisseo gli offrì del vino di Marone, e il Ciclope, che in vita sua non aveva mai assaggiato niente di più inebriante del siero del latte, ne chiese una seconda coppa e si sentì di umore migliore. Accondiscese allora a chiedere il nome di Odisseo. Questi gli rispose: "Nessuno". Il Ciclope gli promise, come ricompensa per un vino tanto eccellente, di divorarlo per ultimo. Poi, dopo un'ultima coppa, cadde nel profondo sonno degli ubriachi. Odisseo e i suoi compagni arroventarono la punta di un palo nelle braci del focolare; poi la conficcarono nell'unico occhio di Polifemo. Il Ciclope lanciò un urlo orribile che indusse tutti i suoi compagni ad accorrere per vedere che cosa mai accadeva; ma quando Polifemo rispose gridando che la colpa era di Nessuno, i suoi compagni lo presero per pazzo e se ne andarono via. Polifemo si avvicinò a tastoni all'ingresso della caverna, spostò la pietra e, le mani protese dinanzi a sé, attese ansioso di poter agguantare i Greci mentre cercavano di fuggire. Ma Odisseo legò ciascuno dei suoi compagni sopravvissuti sotto il ventre di un ariete. Per sé scelse un enorme ariete e si aggrappò al pelo del suo ventre con le dita dei piedi e delle mani. Così Odisseo riuscì a liberare sé e i suoi compagni, raggiunse la nave e la mise in mare, ma non riuscì a trattenersi dal lanciare un ironico saluto al Ciclope rivelandogli il suo vero nome. Per tutta risposta Polifemo scagliò in acqua un masso che mancò di poco la prua della nave. Poi pregò il padre Poseidone di far sì che Odisseo, se mai fosse ritornato in patria, vi giungesse tardi e a stento, su nave altrui. Poseidone accolse la supplica di Polifemo e promise di vendicarlo.
Sfuggito a Polifemo, Odisseo raggiunse l'isola di Eolo, padrone dei Venti, che lo ospitò per un mese intero e l'ultimo giorno gli offrì un otre dove aveva rinchiuso i venti all'infuori di quello d'occidente che avrebbe spinto direttamente le navi fino a Itaca. Allorché Odisseo cadde addormentato, sopraffatto dalla stanchezza, i suoi uomini, convinti che l'otre contenesse oro, l'aprirono e subito i venti tutti insieme soffiarono respingendo la nave verso l'isola Eolia. Con profonde scuse, Odisseo implorò l'aiuto di Eolo, ma gli fu risposto di non poter essere aiutato essendo ormai inviso agli dèi.
Dopo sette giorni di navigazione Odisseo giunse nel paese dei Lestrigoni governati dal re Lamo. I capitani della flotta di Odisseo entrarono a vele spiegate nel porto di Telepilo e i Lestrigoni fecero strage tra gli equipaggi e distrussero le navi. Si salvò solo la nave di Odisseo il quale, più cauto, l'aveva legata a un albero all'iboccatura del porto. Egli riuscì a recidere con un colpo di spada il cavo che tratteneva la sua nave e a prendere il largo. Con l'unica nave rimasta si diresse verso est e dopo un lungo viaggio raggiunse l'isola Eea, dove regnava la maga Circe. Circe catturò gli uomini scesi a terra e li trasformò in porci, risparmiando solo Euriloco che, troppo sospettoso, indugiò all'esterno del palazzo. Euriloco fece ritorno alla nave e narrò ogni cosa a Odisseo che si armò e partì alla ricerca dei compagni. Con grande sorpresa incontrò il dio Ermete che gli offrì una talismano per rendere inefficaci gli incantesimi di Circe. Odisseo si rifiutò di accettare le amorose carezze della maga finché ella non avesse liberato i suoi compagni e tutti gli altri marinai tramutati in belve prima di loro. Ben volentieri Odisseo rimase in Eea finché Circe gli ebbe partorito un figlio, Telegono.
Quando venne il giorno di ripartire, Circe gli consigliò di scendere prima nel Tartaro e interrogare Tiresia per sapere ciò che lo attendeva in Itaca, se mai vi fosse giunto, e negli anni seguenti. Odisseo costrinse i suoi uomini a imbarcarsi per recarsi nella terra di Ade. Quando avvistarono il bosco di Persefone, Odisseo sbarcò e fece esattamente ciò che Circe gli aveva consigliato di fare. Nel Tartaro scavò una fossa e sacrificò un giovane ariete e una pecora nera ad Ade e a Persefone e attese l'arrivo di Tiresia, tenendo lontane tutte le altre ombre. Gli apparvero Elpenore, un compagno morto a Eea e rimasto senza sepoltura, la madre Anticlea e finalmente Tiresia che, bevuto avidamente il sangue sceso nella fossa, ammonì Odisseo a tenere sotto controllo i suoi uomini in Sicilia, perché non fossero tentati di rubare la mandria sacra a Elio. Fece anche altre predizioni sul suo futuro e gli disse che sarebbe ritornato in patria da solo, e su una nave straniera, che a Itaca avrebbe dovuto vendicarsi dei pretendenti alla mano di Penelope e che i suoi viaggi non sarebbero finiti, ma doveva ripartire con un remo sulle spalle, alla ricerca di un popolo che non conoscesse la navigazione, Qui avrebbe dovuto sacrificare a Poseidone, per poi ritornare a Itaca e vivere sereno fino a tarda età. Ma la morte gli sarebbe giunta dal mare. Dopo aver ringraziato Tiresia, Odisseo parlò con le ombre di molti eroi caduti davanti a Troia, con molte regine e principesse, e infine parlò anche con l'ombra di Eracle. Lasciò il regno dei morti e ritornò a Eea, dove diede sepoltura ad Elpenore e salpò di nuovo, dopo aver ricevuto gli ultimi consigli di Circe.
Non appena la nave si avvicinò all'isola delle Sirene, Odisseo seguì il consiglio di Circe: otturò con cera le orecchie dei suoi uomini e si fece legare all'albero maestro per udire i loro canti. Così la nave doppiò l'isola senza che nessuno scendesse a terra. Passò poi tra due mostri, Scilla e Cariddi (nello stretto di Messina) e avvicinandosi troppo a Scilla, per sfuggire a Cariddi, perse sei dei più abili marinai. Evitò le Rocce Vaganti e approdò sull'isola di Trinacria (più tardi identificata con la Sicilia), dove si trovò bloccato per un mese a causa dei venti contrari. I viveri cominciarono a scarseggiare e gli uomini affamati, ignorando il divieto di Odisseo, attesero che egli si fosse addormentato e uccisero alcuni buoi di Elio per mangiarli. Odisseo, destatosi, inorridì al vedere l'accaduto e inorridì anche Elio quando ebbe notizia del furto. Si lagnò con Zeus il quale, visto che la nave aveva ripreso il mare, scatenò una terribile tempesta e scagliò una folgore in coperta che fece inabissare la nave e tutti annegarono, fuorché Odisseo. Egli legò l'albero alla chiglia e fu spinto verso i gorghi di Cariddi dove il mostro ingoiò la zattera. Aggrappato ai rami di un fico che sorgeva sulla riva attese che il mostro la vomitasse di nuovo, vi risalì e si allontanò remando con le mani, e dopo nove giorni giunse nell'isola della ninfa Calipso.
La bellissima Calipso confortò Odisseo che giaceva stremato sulla spiaggia e gli offrì cibo e bevande e il suo morbido letto. Secondo taluni la ninfa generò a Odisseo i gemelli Nausitoo e Nausinoo, e lo trattenne a Ogigia per sette anni, o forse soltanto cinque. Infine, pregato da Atena protettrice dell'eroe, Zeus inviò Ermete a Calipso con l'ordine di lasciar partire Odisseo. Calipso, a malincuore, mise a sua disposizione il legno necessario per costruire una zattera e Odisseo partì col vento in poppa. Poseidone, suo implacabile nemico, vide all'improvviso la zattera e scatenò un temporale che trascinò a fondo Odisseo, ma poiché questi era valente nuotatore, riuscì a risalire in superficie e a raggiungere la zattera. La pietosa dea Leucotea gli si presentò con l'aspetto di un gabbiano: portava nel becco un velo e disse a Odisseo di avvolgerselo attorno alle reni per evitare di annegare. Quando un'altra ondata spazzò la zattera, l'eroe si cinse del velo e cominciò a nuotare. Poseidone era intanto ritornato al suo palazzo; Atena osò suscitare un vento che placava le onde e due giorni dopo Odisseo potè approdare sulla costa di Scheria, la terra dei Feaci.
Stremato, s'addormentò nel bosco che costeggiava un fiume. Al mattino, fu svegliato dalle grida e dalle risa di un gruppo di ragazze. Era Nausicaa, figlia del re dell'isola, con le sue ancelle, venute a lavare la biancheria e a giocare sulle rive del fiume. Odisseo, coprendo la sua nudità con un ramo fronzuto, si mostrò loro e chiese, con dolci parole, di aiutarlo. Nausicaa gli diede vesti per coprirsi e gli indicò la strada che portava al palazzo di suo padre, il re Alcinoo. Presso Alcinoo e la regina Arete, Odisseo fu accolto con grande ospitalità. Il giorno seguente furono organizzati giochi e durante i festegiamenti serali Odisseo rivelò la sua identità e raccontò le proprie avventure. Poi fu colmato di doni e venne messa una nave a sua disposizione. Durante il viaggio Odisseo s'addormentò; i marinai feaci gettarono l'ancora nel porto di Forcide e per non disturbare il sonno dell'eroe lo portarono a terra e lo deposero con cautela sulla spiaggia, ammucchiando i tesori che portava con sé, i regali d'Alcinoo, presso un albero non lontano. La nave ritornò a Scheria; ma, al momento di raggiungere l'isola, Poseidone, irato con i Feaci per le cortesie usate a Odisseo, la trasformò in pietra, con tutto l'equipaggio.
Odisseo, quando si destò, non riconobbe la sua isola avvolta in una nebbia leggera; ma Atena, artefice della foschia, gli rivelò la sua identità, lo rivestì di stracci e gli disse di recarsi da Eumeo, il capo dei porcari. La dea intanto scortò Telemaco da Sparta dove si era recato per avere notizie di suo padre da Menelao. Eumeo accolse ospitalmente il mendicante fornendogli un resoconto della situazione di Itaca. Non meno di centoventi principi corteggiavano Penelope, vivevano nella reggia di Odisseo e dissipavano le sue sostanze. Laerte, il vecchio padre di Odisseo, aveva lasciato la corte e si era ritirato in campagna. Odisseo non svelò la sua identità e finse di essere un cretese che aveva combattuto a Troia ed era al corrente di alcune avventure di Odisseo. Frattanto Telemaco sbarcò inaspettato e si recò alla capanna di Eumeo. Il porcaro andò da Penelope per metterla al corrente dell'arrivo di Telemaco e, approfittando della sua assenza, Odisseo si fece riconoscere dal figlio e insieme organizzarono un piano per sconfiggere i pretendenti.
Il giorno seguente Odisseo ed Eumeo si recarono a palazzo e strada facendo incontrarono il capraio Melanteo che ingiuriò il mendicante. Nel cortile del palazzo, Odisseo trovò il cane Argo che, troppo vecchio e debole per alzarsi, agitò debolmente la coda, drizzò le orecchie riconoscendo il padrone, e spirò. Odisseo entrò nella sala dei banchetti, dove Telemaco, fingendo di non sapere chi fosse quel mendicante, gli offrì ospitalità. Antinoo, un pretendente, gli scagliò addosso uno sgabello. Iro, un accattone di Itaca, sfidò Odisseo in una gara di pugilato e Odisseo lo abbattè con alcuni pugni. Penelope, scesa nella sala, desiderò vedere quel mendicante straniero per chiedergli notizie di Odisseo, ma il mendicante decise di rimandare l'incontro alla sera. Giunta la sera, Odisseo disse a Telemaco di togliere tutte le armi dalla sala e di riporle nell'armeria, mentre egli si recava a visitare Penelope. La regina non riconobbe il marito e raccontò al mendicante di come aveva tenuto a bada i pretendenti fingendo di tessere il lenzuolo per il vecchio Laerte, che durante la notte segretamente disfaceva. Il mendicante, sempre fingendo d'essere cretese, le garantì di aver incontrato di recente Odisseo il quale presto sarebbe tornato a Itaca. Penelope lo ascoltò attentamente e ordinò a Euriclea, la vecchia nutrice di Odisseo, di lavargli i piedi. Ed ecco che Euriclea riconobbe la ferita sulla coscia, ma Odisseo la obbligò a tacere. Penelope propose di indire l'indomani una gara tra i pretendenti, invitandoli a cimentarsi nel tiro all'arco del marito: si trattava di scagliare una freccia negli anelli di dodici asce disposte in fila. Come premio il vincitore l'avrebbe avuta in sposa. Odisseo la incoraggiò ad organizzare la sfida al più presto.
L'indomani Penelope fece portare l'arco che Odisseo aveva ricevuto in dono da Eurito, e diede inizio alla gara. Tutti quanti, guidati da Telemaco, si cimentarono, ma nessuno riuscì a curvare l'arco. Odisseo frattanto rivelava la sua vera identità a Eumeo e a Filezio, il mandriano. Euriclea e Filezio sprangarono le porte, mentre Odisseo ed Eumeo entravano nel palazzo. Telemaco chiese che anche il mendicante provasse a tendere l'arco, e per le proteste e gli insulti dei pretendenti fu costretto a ordinare a Penelope di ritirarsi nelle sue stanze. Nello sbalordimento generale il mendicante tese l'arco senza sforzo e, presa con cura la mira, scagliò la freccia nei dodici anelli delle asce. Con Telemaco ed Eumeo, Odisseo diede quindi inizio alla strage dei pretendenti risparmiando soltanto il rapsodo Femio e l'araldo Medonte. Melanteo cercò di riportare le armi ai pretendenti, perché Telemaco aveva lasciato aperta la porta dell'armeria, ma Eumeo e Filezio lo fermarono in tempo e lo legarono. La strage continuava, e nel giro di poco tempo tutti i pretendenti giacquero morti al suolo. Poi le serve che non erano rimaste fedeli alla causa di Odisseo portarono via i cadaveri, ripulirono il pavimento della sala insozzato di sangue e furono impiccate nel cortile del palazzo insieme col capraio Melanteo, il quale si era schierato dalla parte dei nemici del padrone. Odisseo si fece riconoscere da Penelope e, per toglierle ogni scrupolo, le descrisse il letto nuziale, che soltanto entrambi conoscevano. Il giorno seguente, Odisseo si recò in campagna dove viveva il padre Laerte, e si fece riconoscere. Frattanto, i parenti dei Pretendenti massacrati si riunirono in armi, per chiedere soddisfazione. Ma la dea Atena, sotto le spoglie del vecchio Mentore, apparve ai contendenti e li divise. Li mise in fuga e Odisseo, che cercò di inseguirli, venne fermato da una folgore di Zeus. La pace infine tornò a Itaca.
Esistono versioni diverse sugli ultimi anni di Odisseo. Seguendo i consigli di Tiresia, con un remo sulla spalla, partì a piedi e raggiuse la Tesprozia. Qui, offrì a Poseidone il sacrificio che Tiresia gli aveva ordinato un tempo. Sposò Callidice, regina dei Tesprozi, da cui ebbe un figlio, Polipete. Regnò per un po' di tempo congiuntamente a Callidice e riportò vittorie sui popoli vicini. Ma, allorché Callidice morì, consegnò il regno a Polipete, e ritornò a Itaca, dove trovò il secondo figlio avuto da Penelope, Poliporte.
A itaca la morte venne a Odissea dal mare, così come Tiresia aveva previsto. Telegono, il figlio che egli aveva avuto da Circe, salpato in cerca del padre, fece una scorreria a Itaca, credendo che fosse l'isola di Corcira, e Odisseo si preparò a respingere l'attacco. Telegono lo uccise sulla riva del mare con una lancia che aveva per punta l'aculeo di una razza. Allorché venne a sapere l'identità della sua vittima, Telegono portò il corpo da Circe, insieme con Penelope.
Un'altra tradizione narra che i parenti dei pretendenti uccisi intentarono un'azione legale contro Odisseo, nominando loro giudice Neottolemo, re delle isole Epirotidi. Odisseo acconsentì ad accettare il verdetto e Neottolemo stabilì che egli lasciasse l'isola e che gli eredi dei pretendenti avrebbero dovuto versare a Telemaco, ora re, un adeguato compenso per i danni subiti. Odisseo si recò in Etolia presso il re Toante, ne sposò la figlia con la quale generò Leontofono e lì, in Etolia trascorse il resto della sua vita.