MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera P

Pasifae, Patroclo.

PASIFAE: figlia di Elio e della ninfa Perseide, quindi sorella di Circe e di Eete. Fu moglie di Minosse, re di Creta, e gli generò molti figli. A proposito del suo matrimonio con Minosse il mito narra che le molte infedeltà del marito irritarono Pasifae a tal punto che essa si vendicò con un'opera di magia: ogni qual volta Minosse si giaceva con un'altra donna, spandeva in lei non il seme, ma rettili e insetti che facevano scempio del ventre della donna. Minosse fu guarito da questa maledizione da Procri, figlia di Eretteo re di Atene.
Ma la leggenda più nota di Pasifae si riferisce alla sua insana passione per uno dei tori della stalla di Minosse. In proposito si raccontava che Minosse, consacrato un altare a Poseidone e fatti i preparativi per un sacrificio, pregò il dio perché un toro emergesse dal mare. Subito uno splendido toro di un candore abbagliante nuotò sino alla riva, ma Minosse fu così colpito dalla sua bellezza che lo mandò al pascolo con la propria mandria, uccidendo un altro toro in sua vece. Poseidone, per vendicarsi dell'affronto fattogli da Minosse, fece sì che Pasifae si innamorasse del toro bianco sottratto al sacrificio. Altri dicono che Pasifae trascurò per parecchi anni di propiziarsi Afrodite, che la punì infiammandola di tale insana passione, oppure che la dea vendicava sulla giovane donna l'offesa arrecatale da Elio, quando aveva rivelato ad Efesto i suoi amori clandestini con Ares.
Non sapendo come soddisfare la sua passione, Pasifae chiese consiglio a Dedalo, il famoso artefice ateniese che ora viveva in esilio a Cnosso. Dedalo promise il suo aiuto e costruì una vacca di legno, ricoperta con una pelle bovina e montata su quattro ruote abilmente celate negli zoccoli, la spinse in un prato nei pressi di Gortina, dove il toro di Poseidone stava pascolando tra le vacche di Minosse. Pasifae si introdusse nella vacca di legno attraverso uno sportello scorrevole sistemando le gambe nelle zampe posteriori dell'animale. Ben presto il toro bianco trotterellò verso la finta vacca e la montò: così Pasifae potè soddisfare il proprio desiderio e diede in seguito alla luce il Minotauro, un mostro con la testa di toro e il corpo umano. Minosse consultò un oracolo per sapere come potesse evitare lo scandalo e nascondere il mostruoso figlio di Pasifae. La risposta fu di chiedere a Dedalo di costruire un nascondiglio a Cnosso. Dedalo obbedì e Minosse passò il resto della sua vita nell'inestricabile Labirinto, al centro del quale celò Pasifae e il Minotauro.
Pasifae ha a Talame in Laconia un oracolo patrocinato dai re di Sparta, dove si danno i responsi sotto forma di sogni.

PATROCLO: Figlio di Menezio, re di Opunte in Locride, e di Stenela. Fu uno dei pretendenti alla mano di Elena.
Ancora giovinetto, durante una lite sorta a proposito di una partita a dadi, Patroclo uccise accidentalmente Clitonimo, figlio di Anfidamante. Costretto all'esilio, si recò con il padre a Ftia dove re Peleo lo purificò. Divenne amico e fedele compagno di Achille. Così grande era l'amicizia che lo legava ad Achille, che lo seguì a Troia. Quando Achille, privato da Agamennone della sua amata Briseide, si ritirò nella sua tenda e fu sordo ad ogni richiamo alle armi, Patroclo rimase con lui, a condividere lo sdegnoso ritiro e il profondo dolore. E quando i messi di Agamennone giunsero ad offrire la conciliazione, lo trovarono solo con Patroclo che suonava la cetra e gli cantava le imprese degli eroi. Ma il richiamo della guerra divenne irresistibile per Patroclo; egli infatti preghò l'amico di concedergli di tornare alla lotta, indossando le sue armi famose.
Nell'ultimo anno di guerra, quando Achille vide alzarsi le fiamme dalla nave di Protesilao incendiata dai Troiani, si scordò del suo rancore e incitò i Mirmidoni ad accorrere in aiuto di Patroclo. Questi aveva scagliato la lancia nel folto dei Troiani riuniti attorno alla nave di Protesilao e aveva trafitto Pirecmo, re dei Peoni. Allora i Troiani, scambiando Patroclo per Achille, fuggirono. Patroclo spense l'incendio, salvò la nave e abbattè Sarpedone; poi inseguì l'esercito nemico fino alle mura di Troia. Mentre tentava di dare la scalata, Apollo in gran fretta salì sulle mura respingendo per tre volte Patroclo con lo scudo. La battaglia si protrasse fino al calar della notte allorché Apollo, avvolto in una fitta nebbia, assalì Patroclo alle spalle e lo colpì con forza tra le scapole. Patroclo strabuzzò gli occhi, l'elmo cadde dal capo, la sua lancia andò in mille pezzi e lo scudo rotolò a terra; Apollo con un sorriso maligno gli slacciò la corazza. Euforbo, figlio di Pantoo, vedendo Patroclo ridotto in quello stato, lo ferì senza timore che egli reagisse, e mentre Patroclo si allontanava barcollando, Ettore, ritornato sul campo di battaglia, lo finì con un solo colpo di lancia.
Accorse Menelao e uccise Euforbo; poi ritornò alla sua tenda con le spoglie del nemico morto, lasciando che Ettore levasse a Patroclo l'armatura. Menelao e il Grande Aiace ritornarono sul posto e insieme difesero il cadavere di Patroclo fino al crepuscolo, quando riuscirono a portarlo in salvo presso le navi. Achille, avuta la triste notizia, si rotolò tra la polvere abbandonandosi a una crisi di disperazione. Teti entrò nella tenda del figlio recandogli una nuova armatura. Achille diè subito di piglio alle armi, si riconciliò con Agamennone e uscì dalla tenda per vendicare Patroclo. Nessuno potè resistere alla sua furia e giurò che non avrebbe sepolto il corpo dell'amico fino a quando non fosse riuscito a vendicarsi dei Troiani. E fu dunque proprio la morte di Patroclo a spingere Achille a tornare nella mischia e a uccidere Ettore.
Ai funerali di Patroclo, quando fu cremato il suo corpo che Teti aveva conservato intatto fino a quel giorno con l'ambrosia, Achille sacrificò non soltanto alcuni cavalli e due dei nove cani della muta di Patroclo, ma anche dodici nobili prigionieri troiani tra i quali alcuni figli di Priamo che uccise sgozzandoli. Quando anche Achille fu ucciso, le sue ceneri, mescolate a quelle di Patroclo, vennero riposte in un'urna d'oro fabbricata da Efesto; quest'urna fu sepolta sul promontorio Sigeo che domina l'Ellesponto, e i Greci vi innalzarono sopra un tumulo a cono.