MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Mitologia, lettera T
Tafio, Tagete, Taigeta, Talao.
TAFIO: figlio di Poseidone e d'Ippotoe e nipote di Pelope. Ebbe come figlio Pterelao; ma esisteva un'altra tradizione, secondo la quale Pterelao era egli stesso figlio di Poseidone e d'ippotoe, e aveva avuto due figli, Tafio e Teleboante. Un'altra versione, infine, faceva di Teleboante il padre di Pterelao. Questi è celebre soprattutto per la guerra che sostenne contro Anfitrione e il tradimento di cui fu vittima da parte della figlia Cometo.
TAGETE: fanciullo della mitologia latina, sapiente come un saggio vecchio, nato da un solco tracciato da un contadino del territorio di Tarquinia. Il fanciullo venne portato al cospetto dei dodici principi delle dodici città etrusche, fu accolto con onore e alle sue parole venne dato ascolto. Tagete insegnò agli Etruschi l'arte della divinazione e i suoi insegnamenti vennero poi scritti e divennero i celebri libri Tagetici, che gli indovini etruschi consultarono anche in seguito. Il capo dei dodici principi si chiamava Tarconte e, secondo alcune versioni, si trattava dello stesso contadino che aveva dissotterrato il bambino il quale, compiuta la sua missione, fece ritorno alla terra.
TAIGETA: una delle Pleiadi, figlia di Atlante e di Pleione, fu una delle tante avventure di Zeus col quale generò Lacedemone.
Si raccontava che, per sottrarla alla corte assidua di Zeus, Artemide aveva trasformato la giovane Pleiade in una cerbiatta. Grata per aver potuto assumere temporaneamente le sembianze di cerbiatta, sfuggendo così all'amplesso di Zeus, Taigeta consacrò ad Artemide la cerbiatta dalle corna dorate. Ciò nonostante Zeus non si lasciò trarre in inganno una seconda volta e generò in lei Lacedemone. Allora Taigeta si impiccò sulla cima del monte Amicleo, che da quel giorno fu chiamato Taigeto.
La cerva dalle corna auree era cara ad Artemide che, ancora fanciulla, vide cinque cerve, di inusitate proporzioni, pascolare sulle rive del fiume tessalico Anauro. Lanciatasi all'inseguimento, la dea ne catturò quattro e le aggiogò al suo carro; la quinta fuggì oltre il fiume Celadone fino alla collina di Cerinea. Eracle la inseguì per un anno intero e, quando, esausta, la cerva si rifugiò infine sul monte Artemisio, e di lì scese al fiume Ladone, l'eroe tese l'arco e scoccò una freccia che trafisse le gambe anteriori dell'animale, senza far sgorgare sangue. Poi, gettatosi la cerva sulle spalle, si affrettò verso Micene. Altri tuttavia dicono che egli si servì di reti; oppure seguì le tracce dell'animale finché lo trovò addormentato sotto un albero. Sulla strada del ritorno, incontrò Apollo e Artemide che lo rimproverarono aspramente per aver catturato la cerva sacra, ma Eracle si difese dicendo di essere stato costretto da Euristeo e allora la dea gli consentì di portare l'animale a Tirinto e di lasciarlo poi libero.
TALAO: figlio di Biante e di Pero, figlia di Neleo. Regnò sulla parte del regno d'Argo che era stata attribuita a suo padre da Preto. Sposò Lisimaca (o Lisianassa) da cui ebbe: Mecisteo (uno dei Sette, ucciso davanti a Tebe da Melanippo), Partenopeo (uno dei Sette che marciarono contro Tebe), Adrasto, Aristomaco, Pronace (fu ucciso durante una sedizione, ad Argo, dal cugino Anfiarao) ed Erifile. Talao è celebre soprattutto per essere stato padre di Adrasto.
Da quando Preto aveva diviso il regno d'Argo fra lui stesso e i due figli d'Amitaone, Biante e Melampo, tre famiglie regnavano congiuntamente sul paese. Ma ben presto la discordia s'intromise fra le tre casate. Durante un tumulto, Anfiarao, discendente di Melampo, uccise il padre d'Adrasto, Talao, che apparteneva alla discendenza di Biante. Adrasto fuggì allora a Sicione, presso il nonno materno, il re Polibo, che morì senza figli maschi e gli cedette il regno. Re di Sicione, Adrasto cominciò col riconciliarsi con Anfiarao e tornò sul trono d'Argo. Ma nel suo intimo, Adrasto non aveva mai perdonato a suo cugino l'uccisione del padre. Gli concesse la mano della sorella, Erifile, e convenne con lui, in caso di ulteriore disaccordo fra di loro, che si sarebbero rimessi alla mediazione della giovane, pensando bene in tal modo di avere un giorno il mezzo di attuare la sua vendetta.