Mitologia Greca e Romana
Mitologia, lettera T
Teseo.
TESEO: figlio di Egeo, re di Atene, o del dio Poseidone e di Etra, figlia di Pitteo re di Trezene.
Si raccontava che Egeo, non riuscendo ad avere figli da nessuna delle due mogli, si recò a consultare l'oracolo di Delfi. L'oracolo gli disse "di non aprire la bocca del suo rigonfio otre di vino finché non avesse raggiunto il punto più alto di Atene". Egeo non seppe interpretare questo responso e si rivolse a Pitteo, re di Trezene, che capì subito il significato dell'oracolo e chiese a Egeo d'accompagnarlo a Sferia, una piccola isola, e lì l'ubriacò e lo mandò nel letto di sua figlia Etra. Ma, nella stessa notte ad Etra si accoppiò anche Poseidone che ingravidò la donna e lasciò ben volentieri ai due mortali il compito di allevare il piccolo che sarebbe nato. In una località ora chiamata Genetlio, sulla strada che conduce dalla città al porto di Trezene, Etra diede alla luce un figlio. Taluni dicono che essa lo chiamò subito Teseo; altri sostengono che il giovane si meritò in seguito quel nome ad Atene. Egli fu allevato a Trezene, dove il suo tutore Pitteo prudentemente mise in giro la voce che il bimbo era figlio di Poseidone. E un certo Connida gli fu pedagogo. Ma ltri dicono che Teseo crebbe a Maratona. Egeo, che temeva i suoi nipoti, i cinquanta figli di Pallante, non aveva voluto portare il bambino ad Atene. Partendo, aveva nascosto la propria spada e i propri sandali sotto un grande sasso che sorgeva lungo la strada da Trezene a Ermione, e aveva confidato questo segreto a Etra, raccomandandole di rivelarlo al figlio soltanto quando, raggiunta la maturità, fosse stato abbastanza forte per spostare da solo il masso e prendere gli oggetti nascosti. A quel punto, calzato con i sandali e armato della spada, doveva partire alla ricerca del padre, in gran segreto, per evitare che i Pallantidi progettassero la sua uccisione.
A sedici anni Teseo si recò a Delfi e consacrò ad Apollo la sua prima ciocca virile. Egli era ormai un giovanetto forte, intelligente e saggio, ed Etra, guidandolo al luogo dove Egeo aveva nascosto la spada e i sandali, gli narrò la storia della sua nascita. Teseo spostò senza alcuna difficoltà il masso, chiamato poi "Roccia di Teseo", ricuperò i pegni lasciati da suo padre e decise di andare ad Atene per farsi riconoscere dal padre Egeo. Tuttavia, nonostante i consigli di Pitteo e le suppliche della madre, anziché prendere la via del mare, che era la più rapida e sicura, volle viaggiare per terra; lo spingeva il desiderio di emulare le imprese del suo cugino germano Eracle, che egli molto ammirava.
Per recarsi dal padre, Teseo affrontò delle imprese che lo resero famoso in tutta la Grecia. La strada che da Trezene portava ad Atene era infestata dai briganti e nei pressi di Epidauro s'imbatté nel terribile gigante Perifete, soprannominato corynete, "uomo della mazza", perché con una mazza di bronzo assaliva e uccideva i passanti per derubarli. Il brigante si slanciò contro Teseo, ma l'eroe gli strappò la mazza dalle mani e lo percosse a morte. Poi, soddisfatto dal peso e dalle proporzioni di quell'arma, la portò sempre con sé. Più avanti, nel punto più stretto dell'istmo di Corinto, s'imbatté in un altro gigante, Sini, soprannominato Piziocante, ossia "colui che piega i pini", poiché aveva tanta forza da piegare la cima di un pino finché toccasse terra; spesso si rivolgeva agli ignari passanti perché gli dessero man forte, ma poi all'improvviso mollava la presa e mentre l'albero scattava di nuovo verso l'alto, chi si era prestato ad aiutare Sini faceva un volo in aria e rimaneva ucciso precipitando a terra. Oppure quel malvagio piegava contemporaneamente le cime di due alberi vicini e legava a ciascuna di esse un braccio della sua vittima, affinché il corpo dell'infelice fosse lacerato mentre i pini riassumevano la primitiva posizione. Teseo lottò con Sini e fece a lui ciò che egli aveva fatto agli altri. Teseo vide la sua bella figlia Perigine nascosta in una macchia di asparagi selvatici e la fece sua. Perigine gli generò Melanippo e più tardi andò in sposa a Deioneo, figlio di Eurito di Ecalia.
In seguito, a Crommio, Teseo cacciò e uccise una terribile e mostruosa scrofa, la quale aveva fatto tali stragi che la gente del luogo non osava più uscire di casa per lavorare i campi. Questa bestia, che ebbe nome dalla vecchia che l'allevò, si dice fosse figlia di Tifone ed Echidna. Sempre seguendo la strada costiera, Teseo giunse a certe rocce scoscese che sorgevano a picco sul mare ed erano il rifugio del bandito Scirone; taluni dicono che Scirone fosse un corinzio figlio di Pelope o di Poseidone; altri, che egli fosse figlio di Enioca e Caneto. Scirone soleva sedersi su una roccia e costringeva i passanti a lavargli i piedi; e quando essi avevano finito di lavarglieli, con un calcio li scaraventava in mare, dove una gigantesca testuggine li divorava. Teseo si rifiutò di lavare i piedi di Scirone, lo sollevò dalla roccia e lo buttò in mare.
Continuando il suo cammino verso Atene, Teseo s'imbattè nell'arcade Cercione, che taluni dicono figlio di Branco e della ninfa Argiope; altri, figlio di Efesto o di Poseidone. Egli soleva sfidare i passanti a battersi con lui e poi li stritolava tra le sue braccia possenti; ma Teseo lo afferrò per le ginocchia e, con grande diletto di Demetra che assisteva allalotta, lo scaraventò a terra. La morte di Cercione fu istantanea. Nelle vicinanze di Eleusi, Teseo dovette affrontare il padre di Sini, Polipemone, soprannominato Procruste, che viveva ai margini della strada e aveva in casa due letti, uno grande e uno piccolo. Procruste fermava i passanti e dopo averli derubati faceva sdraiare quelli di piccola statura sul letto grande e poi ne slogava le membra per adattarle alle proporzioni del giaciglio, mentre sistemava quelli alti nel letto piccolo, amputando poi le gambe che sporgevano dal letto stesso. Taluni dicono invece che egli si servisse di un solo letto, e allungava o accorciava i suoi ospiti a seconda del caso. Teseo lo ripagò con la stessa moneta.
Giunto in Attica, presso le rive del fiume Cefiso, Teseo fu accolto dai figli di Fitalo che lo purificarono dal sangue da lui versato, e in ispecie dal sangue di Sini, che gli era parente per parte di madre. I Fitalidi accolsero Teseo come loro ospite e quella fu la prima casa che lo ospitò da quando egli aveva lasciato Trezene.
Indossando una lunga veste che gli sfiorava i piedi e con i capelli bene intrecciati, Teseo entrò in Atene l'ottavo giorno del mese Cronio, ora chiamato Ecatombeone (luglio). Mentre passava davanti al tempio quasi ultimato di Apollo, un gruppo di muratori lo scambiò per una fanciulla e gli chiese con tono impertinente perché se ne andasse in giro senza essere accompagnato. Disdegnando di rispondere, Teseo staccò un bue dal carro dei muratori e lo lanciò in aria, ben più in alto del tetto del tempio. Egeo era allora in balia della maga Medea, la quale riconobbe subito Teseo e ne divenne gelosa per via di Medo, il figlio che aveva avuto da Egeo e che sperava gli sarebbe succeduto sul trono di Atene. Egeo, invece, ignorava che quello straniero fosse suo figlio ed ebbe paura. Medea non fece niente per disingannarlo; anzi, lo convinse a invitare il giovane a un pranzo, col pretesto di onorarlo, ma in realtà per liberarsene avvelenandolo. Teseo accettò l'invito, e non volle farsi riconoscere immediatamente. Durante il pranzo, egli trasse la spada avuta dal padre, per trinciare con essa la carne e così attrasse la sua attenzione. A questa vista, Egeo rovesciò la coppa di veleno, già preparata, e riconobbe ufficialmente il figlio davanti al popolo radunato. Medea fu esiliata e ripudiata da Egeo.
I cinquanta figli di Pallante quando videro che Teseo veniva proclamato erede al trono si ribellarono apertamente. Divisero le loro forze: Pallante con venticinque dei suoi figli marciò sulla città partendo da Sfetto, mentre gli altri venticinque prepararono un'imboscata a Gargetto. Ma Teseo, informato da un araldo chiamato Leo, della tribù degli Agni, balzò sui guerrieri in agguato e li sterminò. Gli altri Pallantidi si dispersero, e la guerra terminò.
Non si sa con certezza se Egeo fu indotto da Medea a mandare Teseo contro il feroce toro bianco di Poseidone, oppure se, dopo la cacciata della maga da Atene, Teseo stesso si assunse il compito di eliminare il mostro per propiziarsi le simpatie degli Ateniesi. Il toro era lo stesso che Eracle aveva portato con sé in Grecia durante la sua settima fatica e da allora scorrazzava in Attica. Il figlio di Minosse, Androgeo, era già stato mandato da Egeo contro l'animale selvaggio ma era morto nel tentativo di ucciderlo. Teseo giunse nei pressi di Maratona, dove fu accolto ospitalmente da una vecchia donna chiamata Ecale, che fece voto di sacrificare un ariete a Zeus se il giovane fosse tornato sano e salvo dall'impresa, ma morì mentre Teseo era ancora lontano. Al ritorno Teseo istituì i riti ecalesi per celebrare la sua memoria, poi portò il toro ad Atene e lo sacrificò ad Apollo.
In seguito a quest'avventura Teseo venne a conoscenza della morte di Androgeo e del tributo che Minosse aveva imposto ad Atene. In seguito a una guerra vittoriosa contro la città, vittima d'una pestilenza, Minosse aveva obbligato gli Ateniesi a pagare un tributo di sette fanciulli e sette fanciulle che ogni anno (oppure, secondo Plutarco, ogni nove anni) dovevano essere offerti al Minotauro (generato dal toro bianco e da Pasifae) nel labirinto che Dedalo, un esiliato ateniese, aveva costruito su richiesta di Minosse per tenerlo rinchiuso. Poco dopo l'arrivo di Teseo in città gli Ateniesi avrebbero dovuto pagare per la terza volta il tributo e, secondo una versione del mito, Minosse fece specifica richiesta che tra le vittime ci fosse anche Teseo. Secondo la maggior parte degli autori, tra cui Plutarco, il popolo di Atene non trovava giusto che il figlio del re non partecipasse all'estrazione a sorte delle vittime, ma Teseo si offrì come volontario. Disperato per la partenza imminente del figlio appena ritrovato, Egeo gli chiese, qualora avesse potuto fare ritorno vivo, di cambiare il colore della vela togliendo quella nera e inalberandone una bianca (o rossa).
Quando la nave giunse a Creta, Minosse si recò al porto per contare le vittime. Innamoratosi di una delle vergini ateniesi Eribea, o Peribea, figlia del re di Megara, Alcatoo, la giovane chiamò Teseo in suo aiuto, e l'eroe dichiarò a Minosse che, in qualità di figlio di Poseidone, era nobile quanto lui, benché egli fosse figlio di Zeus. Minosse pregò allora suo padre, che mandò un lampo e un fragor di tuono. Per mettere Teseo alla prova, Minosse lanciò un anello in mare, e gli ordinò, se era veramente figlio di Poseidone, di riportarglielo. Teseo si tuffò immediatamente, e fu ricevuto nel palazzo di suo padre dalle Nereidi. Taluni dicono che la Nereide Teti donò a Teseo la corona ingioiellata, dono nuziale di Afrodite, che più tardi cinse il capo di Arianna; altri, che Anfitrite, la dea del mare, gli consegnò la corona e ordinò alle Nereidi di nuotare tutt'attorno per trovare l'anello. In ogni caso, Teseo emerse dal fondo del mare reggendo sia l'anello sia la corona.
Grazie all'amore di Arianna, la bella figlia del re Minosse, Teseo riuscì a portare a termine vittoriosamente la sua missione. Presa da subitanea passione per lui, Arianna promise a Teseo che l'avrebbe aiutato a uccidere il suo fratellastro, il Minotauro, se l'avesse sposata e portata con sé ad Atene. Teseo accettò questa proposta e giurò di sposare Arianna. Ora, prima di lasciare Creta, Dedalo aveva donato ad Arianna un gomitolo di filo magico, spiegandole come sarebbe potuta entrare ed uscire dal Labirinto; essa doveva aprire la porta d'ingresso e assicurare allo stipite un capo del filo; il gomitolo si sarebbe poi srotolato via via negli intricati recessi, fino alla camera segreta dove si trovava il Minotauro. Arianna diede il gomitolo a Teseo e gli raccomandò di seguire il filo finché avesse sorpreso il Minotauro addormentato; avrebbe potuto così afferrare il mostro e ucciderlo. Arrotolando poi il filo in gomitolo, sarebbe giunto di nuovo alla porta d'ingresso. Quella notte stessa Teseo fece quanto gli era stato detto, ma non si sa con certezza se egli uccise il Minotauro con la spada donatagli da Arianna o con le nude mani o con la sua famosa clava. Quando Teseo, con le vesti macchiate di sangue, emerse dal Labirinto, Arianna lo abbracciò appassionatamente e guidò il gruppo di tutti gli Ateniesi al porto. Con il favore delle tenebre Teseo e i suoi compagni aprirono delle falle negli scafi delle navi cretesi di Minosse per impedire che li inseguissero e partirono diretti ad Atene. Secondo un'altra versione Teseo e i suoi compagni dovettero affrontare una battaglia navale nelle acque del porto, uccisero Asterio, il figlio di Minosse, e riuscirono a fuggire.
Alcuni giorni dopo, sbarcato nell'isola Dia, ora nota col nome di Nasso, Teseo abbandonò Arianna addormentata sulla spiaggia e riprese il largo senza di lei.
Perché l'abbia fatto è rimasto un mistero. Taluni dicono che Teseo abbandonò Arianna per la sua nuova amante, Egle figlia di Panopeo; altri sostengono che Teseo aveva abbandonato Arianna per ordine di Dioniso, il quale aveva scorto la giovane e se n'era innamorato. Altri ancora, che il dio l'aveva rapita di notte, oppure sarebbe stata Atena o Ermete a ordinare a Teseo d'abbandonare Arianna, che sarebbe stata poi portata via da Dioniso nel suo cocchio magico per trasformarla nella sua sposa celeste. Altre versioni dell'episodio di Arianna narrano che la nave di Teseo fosse stata trascinata dalla tempesta fino a Cipro e che Arianna, gravida e sofferente, fosse stata posta sulla spiaggia perché si riprendesse, ma la nave all'improvviso venne rimessa in mare da onde violente e Teseo non riuscì a tornare a riprenderla. Quando tornò a Cipro, scoprì che era morta nel tentativo di dare alla luce il figlio.
Sulla via del ritorno, Teseo fece un altro scalo a Delo, dove consacrò, nel tempio, una statua di Afrodite che Arianna gli aveva dato. Qui danzò, con i giovani salvati, la danza della gru che si snoda in evoluzioni labirintiche per ricordare la fuga da Creta. Da lì partirono per Atene ma Teseo, felice di ritornare a casa, dimenticò di cambiare le vele nere della nave e d'issare la vela bianca, segno di vittoria; il padre vide la vela nera, e, credendo che il figlio fosse morto, si gettò dall'Acropoli sfracellandosi al suolo. Ma altri dicono che egli si gettò in mare, che da quel giorno fu chiamato Egeo. Intanto Teseo, giunto in porto, a Falero, portò a termine i sacrifici promessi agli dèi prima ancora di sapere della morte di Egeo.
Dopo la morte d'Egeo, Teseo, liberato dai Pallantidi, prese il potere in Attica. Istituì una riforma per sottomettere le comunità dell'Attica ad Atene e come risultato Atene divenne il centro politico del paese e si sviluppò considerevolmente. Si narra anche che il nome alla città venne dato da Teseo in onore della protettrice Atena e che fece istituire i Giochi Panatenaici che dovevano aver luogo ogni quattro anni e dovevano essere seguiti dall'Attica intera. Battè moneta, divise la società in tre classi: i Nobili, gli Artigiani e i Coltivatori, e instaurò, nelle linee principali, il funzionamento della democrazia. Assimilò al regno anche Megara, territorio dello zio Niso, e riorganizzò i Giochi Istmici, a Corinto, in onore di Poseidone. Più tardi ereditò il regno di Trezene dal nonno materno Pitteo.
Più tardi Teseo partecipò alla spedizione di Eracle contro le Amazzoni e gli spettò, come parte del bottino, la regina Antiope che tradì la città di Temiscira sul fiume Termodonte consegnandola a Teseo, come prova di un amore che essa già nutriva segretamente per lui. Ma altri dicono che Teseo si recò nel paese delle Amazzoni molti anni dopo, in compagnia di Piritoo e di altri amici, e che le Amazzoni non si opposero ad essi con la violenza. Antiope anzi volle offrire dei doni a Teseo, ma non appena ebbe messo piede sulla nave, egli ordinò di salpare l'ancora e rapì la regina. La sorella di Antiope, Orizia giurò di vendicarsi di Teseo. Essa strinse un patto di alleanza con gli Sciti, guidò un forte esercito di Amazzoni e, giunta ad Atene, si accampò sull'Areopago; ordinò poi a un distaccamento di invadere la Laconia per scoraggiare ogni tentativo dei Peloponnesiaci di portare rinforzi a Teseo attraverso l'istmo. Le forze ateniesi erano già riunite, ma né l'una né l'altra parte osava dare inizio alle ostilità. Infine, per consiglio di un oracolo, Teseo attaccò battaglia il settimo giorno del mese di Boedromione. Le truppe delle Amazzoni erano schierate presso la Pnice, ai piedi dell'Acropoli. L'ala destra di Teseo piombò sull'ala sinistra avversaria, ma fu messa in rotta e costretta a ritirarsi. L'ala sinistra dello schieramento ateniese invece sferrò l'assalto dal Palladio, dal monte Ardetto e dal Liceo, e respinse le Amazzoni nei loro accampamenti, infliggendo gravi perdite. Taluni dicono che le Amazzoni chiesero la pace soltanto dopo quattro mesi di asprissima lotta. Ma altri dicono che Antiope, ormai moglie di Teseo, si battè eroicamente al suo fianco, finché fu uccisa da un dardo di Molpadia; che Orizia con poche compagne fuggì a Megara, dove morì di dolore; e che le Amazzoni superstiti, respinte dall' Attica, si stabilirono in Scizia. In verità, pare che Antiope sopravvisse alla guerra, e Teseo fu costretto a ucciderla, così come l'oracolo di Delfi aveva predetto, quando si alleò con re Deucalione di Creta e ne sposò la sorella Fedra. La gelosa Antiope, che non era la moglie legittima di Teseo, interruppe il banchetto nuziale irrompendo nella sala in assetto di guerra e minacciando di massacrare gli invitati. Teseo e i suoi compagni chiusero in gran fretta le porte e uccisero Antiope, benché essa avesse generato a Teseo Ippolito.
Dopo le sue nozze con Fedra, Teseo mandò il figlio bastardo Ippolito da Pitteo, che lo adottò come suo erede al trono di Trezene. Mentre Ippolito partecipava ai Misteri Eleusini, Fedra s'innamorò di lui. Poiché a quell'epoca Teseo si trovava in Tessaglia con Piritoo, Fedra seguì Ippolito a Trezene, ma non svelò ad alcuno il suo incestuoso desiderio. La vecchia nutrice, però, indovinò la verità sulla passione della sua padrona e le consigliò di inviare una lettera a Ippolito. Fedra seguì il consiglio e scrisse confessando il proprio amore. Ippolito bruciò inorridito quella lettera e si recò nella camera di Fedra rimproverandola aspramente. Fedra allora si lacerò le vesti, spalancò le porte e s'impiccò a una trave del soffitto, lasciando un biglietto che accusava Ippolito di orrendi crimini. Teseo, ricevendo tale biglietto, maledisse Ippolito e diede ordini affinché il giovane lasciasse immediatamente Atene e mai più vi ritornasse. Più tardi si rammentò dei tre desideri che il padre suo Poseidone aveva promesso di esaudire e lo pregò perché Ippolito morisse quel giorno stesso. Mentre Ippolito correva lungo la parte più stretta dell'istmo, un'enorme ondata si abbattè sulla spiaggia e dalla spuma emerse una grande foca maschio. I quattro cavalli di Ippolito fecero uno scarto verso la parte opposta della strada e si lanciarono in un galoppo furioso. Non lontano dal santuario di Artemide Saronide si trovava un olivo selvatico, chiamato il Rachos Contorto e le redini di Ippolito si impigliarono nei rami di quell'albero. Il suo cocchio si infranse su un mucchio di pietre, e Ippolito andò a sbattere prima contro il tronco, poi contro le pietre, e infine fu calpestato a morte dai cavalli.
L'amico più caro di Teseo si chiamava Piritoo e regnava sui Lapiti in Tessaglia. Avendo sentito l'eco delle imprese quasi incredibili di Teseo, Piritoo cercò d'incontrarlo. Dapprima gli sottrasse una mandria che pascolava nei pressi di Maratona e quando seppe che Teseo si era lanciato all'inseguimento, arditamente si volse per tenergli testa ma non combatterono e Teseo, presa la mano che l'altro tendeva, dimenticò il rapimento della mandria e gli giurò eterna amicizia.
Quando Piritoo sposò Ippodamia, Teseo presenziò alle nozze e aiutò l'amico nella battaglia che ebbe luogo durante il banchetto di nozze quando i Centauri, cugini di Piritoo, ubriachi cercarono di rapire la sposa e tutte le donne dei Lapiti.
Dopo la morte di Ippodamia Piritoo indusse Tiseo, la cui moglie Fedra si era poco tempo prima impiccata, a recarsi con lui a Sparta per rapire Elena, sorella dei Dioscuri Castore e Polideuce. Essi giurarono di aiutarsi a vicenda in quella rischiosa impresa; di estrarre a sorte chi dovesse tenersi Elena quando l'avessero rapita; e di rapire poi un'altra figlia di Zeus da assegnare al perdente. Ciò stabilito, guidarono un esercito a Sparta, si impadronirono di Elena e a Tegea, come convenuto, tirarono Elena a sorte e vinse Teseo. Ma Elena non era ancora in età da marito (aveva infatti dodici anni appena) e Teseo decise di mandarla nel villaggio attico di Afidna, dove l'affidò alla madre Etra fino al giorno in cui non avesse raggiunto l'età per sposarlo. Piritoo volle una sposa per sé e scelse Persefone, moglie di Ade. Piritono e Teseo scesero allora nel Tartaro, dove Ade ascoltò con calma la loro impudente richiesta e simulando cordialità ospitale li invitò a sedersi. Senza sospettare di nulla essi presero posto sulla Sedia dell'Oblio; questa sedia subito divenne carne della loro carne ed essi non avrebbero più potuto alzarsi senza subire una mutilazione. Per quattro anni Teseo e Piritoo subirono quel tormento, finché Eracle, che per ordine di Euristeo doveva catturare Cerbero, scese all'Ade e li riconobbe mentre gli tendevano le mani, invocando silenziosamente il suo aiuto. Persefone accolse Eracle come un fratello e gli concesse di liberare i due imprudenti e di ricondurli sulla terra, se gli fosse stato possibile. Eracle afferrò allora Teseo per le mani e cominciò a tirare finché, con uno strappo lacerante, Teseo fu liberato. Afferrò poi anche le mani di Piritoo, ma la terra tremò minacciosamente e l'eroe desistette. Piritoo rimase nel Tartaro per sempre.
Tornato ad Atene, Teseo si rese conto d'essere divenuto impopolare e trovò la città divisa in fazioni. Gli Spartani, guidati dai fratelli di Elena, i Dioscuri, avevano invaso l'Attica, e, per riprendersi la sorella, avevano saccheggiato il villaggio di Afidna e portato via anche Etra. Atene era caduta sotto i colpi dell'esercito guidato da Menesteo, discendente di re Eretteo. Teseo fece dunque uscire segretamente dalla città i suoi figli Acamante e Demofonte, che ripararono in Eubea presso Elefenore, figlio di Calcodonte. Costretto ad abbandonare la sua città, Teseo decise di recarsi nell'isola di Sciro dove aveva molti possedimenti ereditati dal nonno Scirio. Re Licomede lo accolse apparentemente in modo cordiale, ma in gran segreto temeva la presenza d'un uomo tanto potente e pericoloso nel suo regno, quindi un giorno lo portò su un alto promontorio e di là lo fece precipitare in mare, dicendo poi a tutti che era caduto incidentalmente, mentre passeggiava dopo cena. Così trovò la morte il più grande eroe d'Atene.
Il figlio di Teseo Demofonte, che nel sacco di Troia aveva liberato Etra, fece ritorno ad Atene ed ereditò il regno del padre. Nel 475 a.C. circa il generale ateniese Cimone, per conquistarsi il favore popolare, andò a Sciro a prendere le supposte ossa di Teseo e le riportò ad Atene facendo erigere un tempio dedicato all'eroe il quale, secondo gli Ateniesi, li aiutò nella battaglia di Maratona (490 a.C.).