MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera T

Tiberino, Tiche, Tideo.

TIBERINO: divinità romana, figlio di Giano e di Camesena, avrebbe dato il suo nome al principale fiume del Lazio, sostituendo quello primitivo di Albula. Considerato, secondo talune versioni della sua leggenda, come marito di Ilia (vedi Rea Silvia), ha notevole importanza nelle vicende di Enea e della sua venuta nel Lazio. Le acque del fiume essendo state sempre considerate come purificatrici, il dio Tiberino interviene anche nelle tradizioni relative allo stabilimento del culto di Esculapio nell'isola Tiberina. Un suo culto regolare si faceva risalire a Romolo. La festa era fissata l'8 dicembre, data della dedicazione del tempio nell'isola.

TICHE: figlia di Zeus e dea del destino. A lei Zeus diede il potere di decidere la sorte di questo o quel mortale. A taluni essa concede i doni contenuti nella cornucopia, ad altri nega persino il necessario. Tiche è irresponsabile delle sue decisioni e corre qua e là facendo rimbalzare una palla per dimostrare che la sorte è cosa incerta. Ma se capita che un uomo, che essa abbia favorito, si vanti delle sue ricchezze né mai ne sacrifichi parte agli dèi, né se ne serva per alleviare le pene dei suoi concittadini, ecco che l'antica dea Nemesi si fa avanti per umiliarlo.
I Romani la identificarono con la dea Fortuna. Ogni città aveva la propria dea Tiche figurata con una corona turrita in capo e con in mano dei simboli di buon augurio. Palamede consacrò la prima coppia di dadi da lui inventati nel tempio della dea ad Argo.

TIDEO: figlio di Eneo, re di Calidone, e di Peribea. Lo zio Agrio, che aveva usurpato il trono di Eneo, lo esiliò da Calidone con l'accusa di omicidio, benché Tideo affermasse che si trattava di un incidente. Molte sono le versioni su chi effettivamente uccise, se il fratello Olenia, lo zio Alcatoo, fratello di Eneo, oppure gli otto figli di Mela, un altro zio. Dopo il gesto criminale, Tideo trovò rifugio alla corte di re Adrasto ad Argo, dove ebbe una disputa con un altro rifugiato, Polinice di Tebe. Adrasto li riconciliò e diede loro in spose le sue figlie: Deipile a Tideo e Argia a Polinice, perché un oracolo gli aveva detto di darle a un leone e a un cinghiale e Tideo aveva sullo scudo l'insegna di un cinghiale e Polinice quella di un leone.
Adrasto decise di aiutare i due principi a riconquistare i rispettivi regni. Disse però che dapprima avrebbe marciato su Tebe, che era più vicina, e anche Tideo partecipò alla spedizione contro Tebe, guidata dai sette campioni. Nel corso della loro marcia attraversarono Nemea, dove regnava Licurgo. Gli chiesero il permesso di abbeverare le truppe nelle sue terre e Licurgo acconsentì. La schiava Ipsile li guidò alla sorgente più vicina, dopo aver posato a terra il piccolo Ofelte, figlio di Licurgo, che venne ucciso dal morso di un serpente che gli si avvinghiò alle membra. Quando Adrasto e i suoi uomini ritornarono dalla sorgente non poterono fare altro che uccidere il serpente e seppellire il bambino. Istituirono poi i Giochi Nemei in onore del fanciullo, chiamandolo Archemoro che significa "colui che dà inizio a sciagure".
Giunto sul Citerone, Adrasto inviò Tideo come suo araldo ai Tebani, con la richiesta che Eteocle rinunciasse al trono in favore di Polinice. Quando tale richiesta fu respinta, Tideo sfidò i capi tebani a singolar tenzone ed emerse vittorioso da ogni scontro. Tornando verso il fiume Asopo, fu attaccato da cinquanta uomini che gli tesero un'imboscata. Tideo li uccise tutti, fuorché Meone che tornò a Tebe a raccontare gli eventi. Gli Argivi si avvicinarono alle mura della città e ciascuno dei campioni si piazzò dinanzi a una delle sette porte. Tiresia il veggente, consultato da Eteocle, predisse che i Tebani sarebbero stati vittoriosi se un principe di sangue reale si fosse volontariamente offerto in sacrificio ad Ares; allora Meneceo, figlio di Creonte, si uccise dinanzi alle porte. La profezia di Tiresia si avverò: i Tebani ripresero coraggio, fecero una furibonda sortita, uccisero altri tre dei sette campioni e uno di loro, che si chiamava Melanippo, ferì Tideo al ventre. La dea Atena che amava Tideo si avvicinò a lui con l'intento di dargli l'immortalità, ma Anfiarao capì l'intenzione della dea e, carico di odio per Tideo che aveva convinto Adrasto a quella fallimentare spedizione, staccò rapidamente la testa dal corpo di Melanippo e la gettò a Tideo che spaccò il cranio del nemico e ne divorò il cervello. Atena, disgustata, si allontanò e Tideo morì come un comune mortale.
Da Deipile, Tideo aveva avuto un figlio, Diomede.