MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera V

Venere, Vertumno, Vesta, Virbio.

VENERE: dea italica simbolo della primavera, dei fiori e dei giardini. Il suo culto coincide con quello della greca Afrodite. La storia del figlio di Enea, dei suoi vagabondaggi e della nuova città che fondò in Italia la rese molto importante per i Romani e divenne la protettrice della gente Giulia a cui appartenevano Augusto e i suoi successori, perché discendevano da Giulio, figlio di Enea e quindi nipote della dea. Fu Venere ad aiutare Enea nella fuga da Troia in fiamme e a proteggerlo da Giunone. Fece in modo che Didone, regina di Cartagine, si innamorasse di lui e gli desse rifugio. Lo aiutò anche nella battaglia finale contro Turno, rimettendo la lancia che era finita su un albero nelle sue mani perché potesse combattere.

VERTUMNO: nome latinizzato della principale divinità etrusca, Voltumna, particolarmente venerata nel cosiddetto fanum Voltumnae, presso Volsinii (Orvieto), considerato come il centro religioso, e in molti casi anche politico, della dodecapoli. Le caratteristiche di Vertumno sono incerte: talora appare come spirito malefico, talora come dio della vegetazione, talora della guerra; pare che in origine fosse una divinità sotterranea. Anche la sua iconografia è dubbia, nonostante vari tentativi di identificazione con tipi statuari conosciuti. Nel 264 a. C. il suo culto fu introdotto in Roma, dove ebbe un tempio sull'Aventino. Ovidio ne fa lo sposo della ninfa Pomona, probabilmente perché Vertumno era protettore della vegetazione e, particolarmente, degli alberi da frutto.

VESTA: una delle più importanti divinità romane antiche, dea del focolare domestico. Il suo nome è derivato da quello della greca Estia, e sembra sia stato introdotto attraverso la colonia calcidese di Cuma. Il culto di Vesta era diffuso anche nelle città del Lazio; era privo di immagini, e solo in età tarda se ne ebbero delle immagini in aspetto di matrona. Consisteva soprattutto nel mantenimento del fuoco sacro, che veniva spento per essere immediatamente riacceso soltanto il 1° marzo, il giorno iniziale dell'anno secondo il più antico calendario romano. Lo spegnimento in altre occasioni era considerato presagio di gravissime sciagure: la riaccensione non poteva avvenire se non mediante l'uso di un'arbor felix. Il tempio di Vesta, nel Foro, conservò, nonostante successive ricostruzioni, la forma circolare tradizionale della capanna primitiva del Lazio. In esso potevano entrare solo le Vestali e il Pontefice Massimo e, nella ricorrenza delle Vestalia, che si svolgevano dal 7 al 15 giugno e culminavano il 9, le donne. Il penus Vestae, poi, che conteneva i Penati dello Stato e il Palladio, poteva essere visitato solo dalle sacerdotesse.
A Roma era considerata protettrice dello Stato; le Vestali, sue sacerdotesse, custodivano il fuoco sacro, simbolo appunto dello Stato.

VIRBIO: antica divinità laziale, venerata nel santuario di Diana nel bosco sacro di Aricia (oggi Ariccia), sulle rive del lago di Nemi. Dopo l'introduzione in Roma della mitologia greca, Virbio venne considerato come il figlio di Teseo, Ippolito. I Latini, infatti, narrano che Artemide, dopo aver chiesto ad Asclepio di risuscitare il corpo di Ippolito, lo avvolse in una fitta nube e gli fece assumere le sembianze di un vecchio e decise di nasconderlo nel bosco a lei sacro ad Aricia, in Italia. Colà, col consenso di Artemide, Ippolito sposò la ninfa Egeria. Affinché nulla gli ricordasse la sua morte, Artemide gli diede il nuovo nome di Virbio, che significa vir bis due volte uomo; e nessun cavallo può avvicinarlo. Soltanto gli schiavi fuggiaschi possono divenire sacerdoti di Artemide Aricina. Nel bosco a lei sacro sorge un'antica quercia, i cui rami non si debbono spezzare; ma qualora uno schiavo osi compiere questo gesto, il sacerdote, che ha a sua volta ucciso il proprio predecessore e vive in un costante timore della morte, deve duellare con lui, spada contro spada, per la carica sacerdotale. Gli Arici dicono che Teseo supplicò Ippolito di rimanere con lui ad Atene, ma che Ippolito rifiutò.
Pare che Virbio fosse raffigurato in aspetto di vecchio.