MITOLOGIA GRECA E ROMANA


Mitologia, lettera P

Polidette, Polidoro, Polifemo.

POLIDETTE: re dell'isola di Serifo e fratello di Ditti. Accolse favorevolmente in casa sua Danae e il piccolo Perseo, i quali erano stati rinchiusi in un'arca di legno e gettati in mare dal loro padre e nonno Acrisio, re di Argo. Polidette fece allevare il piccolo con molta cura, e s'innamorò di Danae. Ma Perseo, raggiunta ormai l'età virile, difese la madre da Polidette che voleva costringerla a sposarlo. Polidette allora riunì i suoi amici e, fingendo di aspirare alla mano di Ippodamia, figlia d'Enomao, chiese che contribuissero con un cavallo a testa al suo dono di nozze. Perseo che non possedeva cavalli, né denaro per comprarne uno, si offrì di procurare al re qualsiasi altra cosa e aggiunse, imprudentemente, anche la testa della gorgone Medusa. Polidette astutamente lo prese subito in parola: l'impresa, apparentemente impossibile, gli avrebbe tolto di torno il ragazzo per molto tempo o per sempre.
Al ritorno dall'impresa, Perseo scoprì che Danae e Ditti erano stati costretti da Polidette a rifugiarsi in un tempio. Si recò allora al palazzo dove Polidette stava banchettando con i suoi amici, e annunciò che aveva portato con sé il promesso dono nuziale. Mentre i convitati lo salutavano con una scarica di insulti, egli estrasse la testa della Gorgone e tramutò tutti in statue di pietra.

POLIDORO: 1. L'unico figlio di Cadmo e di Armonia. Sposò Nitteide, figlia di Nitteo, da cui ebbe un figlio, Labdaco, nonno d'Edipo. Secondo Apollodoro, Polidoro succedette al nipote Penteo e dopo un breve regno passò il trono al figlio Labdaco, ancora infante, e quindi la reggenza fu assicurata dal nonno materno Nitteo. Un'altra tradizione voleva che Cadmo, partendo per l'Illiria, avesse lasciato il trono di Tebe al figlio Polidoro, mentre una versione intermedia voleva che Penteo avesse spodestato Polidoro,l'erede legittimo, dopo la partenza di Cadmo.

POLIDORO: 2. Il figlio più giovane di Priamo e di Ecuba. Secondo Omero non sarebbe stato figlio di Ecuba ma della concubina Laotoe, e avrebbe trovato la morte per mano di Achille, col quale volle incautamente misurarsi, fidando nella propria rapidità nella corsa. Secondo una tradizione più recente, facendo capo all'Ecuba di Euripide, Priamo lo avrebbe inviato presso il genero Polimestore, re della Tracia, per sottrarlo, insieme con il tesoro di Ilio, ai pericoli della guerra. Ma l'ospite, per impadronirsi delle ricchezze o per rendersi gradito ad Agamennone, uccise Polidoro e lo gettò in mare. Il suo cadavere fu sbattuto dalle onde sulle coste della Troade, dove fu raccolto dalla madre Ecuba, fatta schiava di Odisseo, che lo seppellì accanto alla tomba di Polissena. In Virgilio e Ovidio invece, il cadavere seppellito sulle coste della Tracia, diede vita a un cespiglio; quando Enea ne divelse alcuni ramoscelli, emise sangue commisto a parole, che lo misero in guardia sulla maledizione del luogo. Nella tragedia Iliona, di Pacuvio, Polidoro avrebbe trovato scampo, grazie alla sorella Ilione, moglie di Polimestore, che lo fece sostituire nel sacrificio dal proprio figlio Deipilo. Qualche tempo dopo Polidoro, ignorando tutto della propria nascita, si recò a consultare l'oracolo delfico e seppe che suo padre era stato ucciso, sua madre ridotta in schiavitù e la sua città bruciata. Tornato a casa e non riscontrando nulla di simile in quella che riteneva essere la sua famiglia, raccontò alla madre quel che gli aveva detto l'oracolo e Ilione gli rivelò la sua vera identità. Consigliata da Polidoro, Ilione accecò e uccise Polimestore.

POLIFEMO: 1. Un Lapita, figlio d'Elato e d'Ippe. Suo padre "divino" è Poseidone. Sposò Laonome che, in una tradizione oscura, passava per essere sorella di Eracle. Partecipò alla spedizione degli Argonauti; ma, quando Eracle perse l'amante diletto Ila, restò in Misia dove fondò la città di Cio, nella quale regnò finché i Calibi lo uccisero in battaglia.

POLIFEMO: 2. Ciclope, figlio di Poseidone e della ninfa del mare Toosa. Era pastore, viveva del prodotto del suo gregge di pecore e capre selvatiche e abitava in una caverna. Conosceva l'uso del fuoco, ma preferiva divorare la carne cruda.
Quando Odisseo giunse nella sua isola identificata con la Sicilia, scorse l'ingresso di una caverna e con dodici uomini vi si addentrò, ignaro di trovarsi nella proprietà di Polifemo. Sedettero attorno al focolare e si rifocillarono; Verso sera apparve Polifemo che spinse il suo gregge nella caverna e ne chiuse l'ingresso con un'enorme pietra. Il Ciclope li vide e cominciò a divorarli a coppie. Odisseo gli offrì del vino che, per precauzione, aveva portato con sé e Polifemo lo trovò buono e ne bevve fino a sentirsi di umore migliore. Chiese allora il suo nome a Odisseo che gli rispose: "Nessuno". Il Ciclope gli promise, come ricompensa per un vino tanto eccellente, di divorarlo per ultimo; poi, dopo aver bevuto un'ultima coppa, s'addormentò. Odisseo escogitò dunque uno stratagemma: per mezzo di un palo arroventato sulla punta trafisse l'unico occhio del gigante. Quando Polifemo cercò di chiedere aiuto, gridò che "Nessuno" stava cercando di ucciderlo e quindi i suoi fratelli Ciclopi non intervennero. Giunto il mattino, il Ciclope aprì l'entrata e i Greci fuggirono legati al ventre degli arieti. In salvo sulla sua nave Odisseo non riuscì a trattenersi dal lanciare un ironico saluto a Polifemo. Per tutta risposta il Ciclope, irato, scagliò in mare un enorme masso che cadde a poca distanza dalla prua della nave. Odisseo rise e gridò: "Se qualcuno ti chiederà chi ti ha accecato, rispondi che non fu Nessuno, ma Odisseo d'Itaca!" Polifemo pregò allora il padre Poseidone di far sì che il suo nemico Odisseo - se mai fosse ritornato in patria - vi giungesse tardi e su una nave non sua, dopo aver perso tutti i suoi compagni, e venisse colpito da nuove sciagure oltre la soglia della sua casa.
Prima di essere accecato Polifemo ebbe un'avventura amorosa con la ninfa Galatea. Infatti, quando l'indovino Tèlemo gli predisse che avrebbe perso la luce dei suoi occhi per mano di un uomo chiamato Odisseo, lui ridendo rispose: "O stupidissimo indovino, ti sbagli: un'altra creatura mi ha già accecato".